
Un nome non è mai solo un’etichetta. Un principio che, seppur involontariamente, sembra applicarsi anche a certi toponimi urbani. È il caso di viale città di Cutro a Reggio Emilia, finito al centro del dibattito pubblico dopo la proposta dell’ex prefetto Antonella De Miro, oggi in pensione.
De Miro, in carica a Reggio dal 2009 al 2014 e nota per il suo impegno nella lotta alle infiltrazioni mafiose, ha suggerito di cambiare l’intitolazione del viale, sottolineando come il nome della cittadina calabrese richiami – almeno simbolicamente – contesti legati alla criminalità organizzata. Un’affermazione forte, che ha riacceso le tensioni e il confronto sull’identità dei luoghi e sulla loro memoria.
Durante il suo mandato, l’ex prefetto aveva firmato centinaia di interdittive antimafia e avviato un lavoro istituzionale che avrebbe poi condotto al processo Aemilia, il più imponente procedimento contro la 'ndrangheta nel Nord Italia. In questo contesto, la toponomastica torna a essere più che una questione amministrativa: diventa simbolo, segno, e per qualcuno anche ferita ancora aperta.
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