
A fine agosto dello scorso anno, Daniel D’Alessandro (29enne nato a Monza, ma di origine calabrese), detto “Bellebuono”, si presenta di nascosto a casa di Andrea Beretta, 49 anni, storico leader della Curva Nord interista. L’incontro è clandestino, perché Bellebuono sta giocando una partita pericolosissima, che potrebbe costargli la vita. Rivela infatti a “Berro” un piano per eliminarlo, organizzato dal rampollo della ’ndrangheta Antonio Bellocco, con la complicità di Marco Ferdico, braccio destro di Beretta nella gestione del tifo organizzato. Lo spiega bene oggi il Corriere della Sera.
Il piano era già pronto: avrebbero convocato Beretta in una cascina, offrendogli un caffè avvelenato con benzodiazepine per poi ucciderlo. La buca per il cadavere era già scavata e D’Alessandro stesso aveva recuperato la calce viva per far sparire il corpo. Infine, l’auto di Beretta sarebbe stata fatta sparire, portata fino a Nizza, in Francia, per inscenare una sua fuga.
Quella soffiata, che inizialmente Beretta fatica a credere, finirà per cambiare radicalmente gli equilibri di potere della Curva Nord, bloccando la scalata dei Bellocco e avviando un’escalation di sangue. È l’atto finale di una guerra interna tra bande ultrà e criminalità organizzata, iniziata con l’omicidio di Vittorio Boiocchi, detto “lo Zio”, avvenuto il 29 ottobre 2022, e culminata nel settembre successivo.
La ricostruzione parte dalle parole di Beretta la sera del 4 settembre
Appena arrestato per l’omicidio di Bellocco davanti alla palestra Testudo di Cernusco — racconta tutto a pm, carabinieri e polizia dall’ospedale San Raffaele, dove era stato operato dopo essere rimasto ferito nella colluttazione con Bellocco. Beretta conferma di essere stato avvisato da un amico coinvolto nel piano, senza però farne il nome.
La conferma arriva subito dopo
Il giorno successivo alla soffiata, Beretta viene effettivamente convocato da Ferdico e soci in una cascina. Pur essendo armato, decide di lasciare la pistola in auto. Quando Ferdico lo accoglie, lo abbraccia in modo sospetto, quasi a perquisirlo. Poi gli offre un caffè: Beretta, intuendo il pericolo, rifiuta con una scusa e prende soltanto una bottiglia d’acqua.
Quella notte, verso le tre, incontra di nuovo Bellebuono sotto casa. La tensione è altissima: D’Alessandro lo avverte che il piano è fallito, ma che lo uccideranno comunque, preparando un agguato. Beretta resta per tre giorni e tre notti a vagare armato, senza dormire. La mattina del 4 settembre Bellocco lo contatta per accompagnarlo in comunità da Don Mazzi. Beretta capisce che quello potrebbe essere il momento scelto per eliminarlo e decide di agire per primo.
Lo affronta direttamente: «Cos’è questa cosa che vuoi ammazzarmi?». A bordo di una Smart, scoppia la colluttazione. Bellocco riesce a sottrargli la pistola e a sparare, ferendo Beretta. Quest’ultimo, con un coltello, lo colpisce 21 volte, di cui sei al cuore, uccidendolo.
L’indagine della DDA di Milano, battezzata “Doppia Curva”, porta a numerosi arresti a fine settembre
Intanto, nel mondo della curva inizia a circolare la voce che Beretta voglia collaborare con la giustizia. La polizia è anche alla ricerca dell’autore della soffiata, preoccupata per la sua incolumità. Dai tabulati telefonici risalgono a Bellebuono, che viene fermato in un centro commerciale e portato in questura. Con lui c’è un amico straniero che, non appena capisce la situazione, avverte i Ferdico, padre e figlio, che si agitano.
La polizia propone a D’Alessandro protezione e collaborazione, ma lui tergiversa. Quella sera stessa, i Ferdico si presentano a casa sua. Gli investigatori riescono a intercettare una telefonata di Bellebuono alla fidanzata: «Se non mi senti tra un po’, dai l’allarme». Dopo 45 minuti di colloquio con i Ferdico, D’Alessandro richiama la polizia: «Non ho nulla da dire, non c’entro in questa storia».
Convinto di averli calmati, D’Alessandro però capisce presto che nessuno gli ha creduto. La sua vita è appesa a un filo. Fugge, vive da latitante per mesi, poi a febbraio 2025 si rifugia in Bulgaria. Proprio lì, pochi giorni fa, viene arrestato per il delitto di Boiocchi. È stato Beretta, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia, a raccontare che fu proprio Bellebuono a sparare a Boiocchi, su mandato dei Ferdico.
Ma perché D’Alessandro aveva deciso di avvertire Beretta, rischiando di persona? Gli inquirenti ritengono decisivo un episodio durante Inter-Atalanta, il 30 agosto 2024: una rissa scoppiata tra gli ultras della Nord. D’Alessandro, rimasto solo, viene abbandonato dai capi, costretto a chiedere aiuto proprio a Beretta, nonostante questi fosse bandito da Milano. Quel tradimento dei suoi lo convince di essere ormai un uomo finito nel mondo della curva, tanto che iniziano a circolare voci su di lui: «È un tossico inaffidabile».
È l’epilogo di una vicenda sanguinosa e torbida. Dopo il recente arresto per l’omicidio di Boiocchi, Bellebuono ha dichiarato: «Voglio scontare la pena in Bulgaria. Non riportatemi in Italia».
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