Piogge e nevicate vengono accolte come un toccasana per invasi, falde e sorgenti del territorio calabrese. Ma probabilmente non basteranno ancora a sovvertire l’andamento siccitoso che va avanti ormai da anni e che ha portato alcune zone della Calabria a livelli da allarme rosso. Le cartografie di agenzie e istituti che si occupano di monitorare e analizzare lo stato delle risorse idriche sono spietate nei loro dati e conclusioni.
Le zone più colpite
L’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale conferma per il comparto potabile una «severità idrica elevata» nelle province di Reggio Calabria e Crotone e per alcuni schemi della provincia cosentina collegati funzionalmente all’area crotonese. La parte restante del territorio regionale non è a quei livelli ma si attesta pur sempre a una severità idrica media. Per quanto riguarda il comparto irriguo, invece, la situazione è ancora più preoccupante, poiché è l’intera Calabria ad avere una severità elevata.
Volumi insufficienti
Ma cosa significano questi livelli? È presto detto: la severità elevata, spiega l’Autorità di bacino, indica uno stato critico della risorsa idrica che non risulta sufficiente ad evitare danni gravi e prolungati al sistema; quella media fa invece riferimento alle portate dei corsi d’acqua nei rispettivi alvei, a temperature elevate o volumi cumulati negli invasi non sufficienti a garantire sia l’utilizzo idropotabile che quello irriguo. Le ripercussioni sono ben evidenti a cittadini e imprese agricole, soprattutto nelle zone più a rischio. Non è un caso che per i territori più colpiti sia stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale.
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