I carabinieri della compagnia di Treviglio e del nucleo investigativo di Bergamo hanno ritrovato la pistola, usata verosimilmente per l’omicidio di Roberto Guerrisi, l’uomo di 42 anni a cui avrebbe sparato Rocco Modaffari nel pomeriggio di sabato 28 dicembre a Pontirolo Nuovo, nella Bassa Bergamasca. Decisivo nel ritrovamento è stato l’intervento di un cane di nome Cooper dell’unità cinofila, addestrato alla ricerca di armi ed esplosivi, che ha fiutato la pistola in una cabina elettrica dietro al capanno dove abita la famiglia del nipote di Modaffari, Luigi Bonfiglio, il ragazzo che la sera precedente all’omicidio avrebbe picchiato e insultato una delle tre figlie di Guerrisi. Modaffari è in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario mentre il nipote e il padre di lui, Domenico, sono indagati a piede libero per favoreggiamento personale nei confronti del parente.
La svolta grazie alle telecamere È arrivata grazie alle immagini di videosorveglianza, che hanno ripreso l’esatto momento in cui l’uomo è stato colpito mortalmente da un colpo di pistola, l’attesa svolta nel caso dell’omicidio dell’operaio di origini gioiesi. Le telecamere di un sistema di videosorveglianza privato nei pressi della “Db Car di Domenico Bonfiglio”, concessionaria d’auto situata lungo l’ex statale Milano-Bergamo, avrebbero infatti registrato il momento in cui la lite tra le due famiglie è degenerata. Durante il confronto animato, qualcuno ha estratto una pistola calibro 22, sparando due colpi contro Guerrisi. La vittima è stata colpita al volto e, sebbene ferita mortalmente, è riuscita a trascinarsi per circa venti metri prima di collassare nei pressi di una pensilina degli autobus. I soccorritori del 118 non hanno potuto far altro che constatarne il decesso. Gli inquirenti hanno identificato Rocco Modaffari, 58 anni, come l’autore dello sparo fatale. L’uomo è stato fermato dai carabinieri con l’accusa di omicidio volontario.
La dinamica dei fatti
Secondo una prima ricostruzione degli investigatori, Roberto Guerrisi si era recato presso l’azienda della famiglia Modaffari per avere chiarimenti dal fidanzato della figlia, denunciato dalla giovane il giorno precedente per maltrattamenti. La ragazza, tornata a casa con il volto tumefatto, avrebbe riferito ai genitori che, mentre si trovava a casa del fidanzato, era stata presa a calci, pugni e insulti, tanto che erano dovuti intervenire i carabinieri chiamati dai vicini e la ventenne si era fatta refertare al Pronto soccorso. Ecco perché Guerrisi ha deciso di intervenire presentandosi alla “Db Car” di Pontirolo Nuovo, azienda dell’altra famiglia (che vende e noleggia auto), la prima volta, da solo, al mattino, e l’incontro era finito con un diverbio. Ci è poi tornato nel pomeriggio, accompagnato da un gruppo di parenti (tra cui un fratello), trovando il cancello della ditta chiuso. Dal capannone sono usciti alcuni membri dell’altra famiglia, a separarli il grosso cancello in ferro. Una discussione animata, finché a un certo punto è spuntata una mano che impugnava una pistola. Le immagini hanno ripreso il fermato sparare a Guerrisi con una pistola attraverso il cancello. La vittima, colpita al volto, si è trascinata per qualche metro in strada, lasciando lungo il cammino una scia di sangue. Si è accasciata a terra vicino alla pensilina del bus all’incrocio con via Fornasotto: quando sono arrivati i soccorsi per il 42enne non c’era più niente da fare. Tra testimoni e persone al corrente dei fatti sono state molti quelli ascoltati nella caserma dei carabinieri della Compagnia di Treviglio fino a tarda notte quando è arrivato il fermo.
L’arresto e le indagini Rocco Modaffari, incensurato e residente nella zona di Boltiere, è stato arrestato nella notte dopo un lungo interrogatorio. Modaffari, assistito dall’avvocato d’ufficio Michele Cesari, si trova ora nel carcere di Bergamo. Due parenti dell’uomo sono stati inoltre indagati per favoreggiamento personale.
Un uomo dedito alla famiglia
La comunità di Boltiere, dove Guerrisi viveva con la moglie e le tre figlie, è sotto shock. Operaio alla “Dalmine Tenaris” da circa vent’anni, Guerrisi viene descritto dai familiari come un uomo dedito al lavoro e alla famiglia. «Era un padre amorevole, faceva tutto per le sue figlie», raccontano i parenti, ricordando come avesse sempre anteposto il benessere delle figlie a tutto. Il quarantaduenne lavorava da 20 anni alla Dalmine-Tenaris e da quattro era addetto nel magazzino del reparto acciaieria. Il suo compito era quello della movimentazione merci. Anche i colleghi lo ricordano come una persona tranquilla e sempre disponibile. «Non l’abbiamo mai visto sopra le righe. Era sempre pacato, anche nei momenti difficili».
Sgomento e dolore in Calabria
La tragedia lascia molte domande senza risposta. «Perché si è arrivati a tanto? Perché è spuntata una pistola in una lite che poteva essere risolta diversamente?» si chiedono i parenti della vittima. E mentre la giustizia fa il suo corso, il dolore per la perdita di un uomo generoso e altruista colpisce non solo la comunità della Bassa Bergamasca, ma anche quella di Gioia Tauro, città d’origine della famiglia Guerrisi, che si era trasferita al Nord circa trent’anni fa. «È un dolore immenso - affermano alcuni residenti-. Conosciamo bene la famiglia e non riusciamo a credere a ciò che è accaduto. Roberto era un ragazzo buono, sempre pronto ad aiutare gli altri».
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