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'Ndrangheta tra Lametino e Vibonese, l’ascesa dei Cracolici tra droga e business

Negli anni Duemila la faida con i Bonavota per il controllo degli affari illeciti nell’area a cavallo tra le province di Vibo e Catanzaro. La storia del clan e i dissidi iniziati dopo lo stop ai versamenti di parte del “pizzo” al clan Mancuso. Dopo gli arresti e le condanne è diventata centrale la figura del 53enne Domenico (detto Mimmo)

La storia calabrese dei Cracolici inizia quando il capostipite, “Ciccio” (classe 1919), dalla Sicilia viene spedito al confino nel Vibonese. Ha già precedenti pesanti e alla sua città d’origine rimanda il soprannome, “Palermo”, affibbiato nei decenni successivi anche ai suoi figli. Tra gli otto maschi ci sono Raffaele (cl. ’47) e Alfredo ( ‘49): diventano i boss di Maierato e Filogaso, in seguito alcune indagini – “Conquista” e “Scacco ai killer” – li descriveranno come capi storici del clan e ad accomunarli sarà anche la morte violenta a cui vanno incontro entrambi nel giro di neanche due anni. I loro omicidi, avvenuti nel 2002 e nel 2004, sono inquadrabili in una faida contro il clan Bonavota di Sant’Onofrio: l’accaparramento delle estorsioni sull’area industriale di Maierato, all’epoca in espansione, sarebbe alla base dello scontro, poi acuito dai propositi di vendetta e dai soprusi che Raffaele, “Lele Palermo”, porta avanti a viso aperto contro i Bonavota dopo l’omicidio del fratello.

Il pentito Francesco Costantino racconta che inizialmente i Cracolici sono vicini ai Mancuso, ai quali versano a suo dire una quota del “pizzo”, ma ad un certo punto smettono di pagarli e ciò coincide anche con l’inizio dei dissidi con i Bonavota.

Questa parta della storia finisce con i due omicidi dei primi anni 2000 e con la successiva espansione del clan di Sant’Onofrio ben oltre i confini dell’hinterland di Vibo, ma l’eredità dei Cracolici viene raccolta da Domenico (cl. ’82, figlio di Raffaele), Francesco (cl. ’78, figlio di Alfredo) e da un altro Domenico loro cugino (cl. 71, figlio di un altro fratello, Giuseppe), che è quello coinvolto nell’operazione scattata ieri. “Mimmo” sarebbe il «capo indiscusso» della ’ndrina di Cortale e Maida, riconosciuto come tale a partire dal ruolo che avrebbe assunto nel favorire la latitanza, tra il 2019 e il 2021, del cugino omonimo proprio nell’area del Lametino che confina con l’Angitolano e dunque con i feudi storici dei Cracolici. Una terra di confine, quella a cavallo tra le province di Vibo e Catanzaro, in cui gli equilibri mafiosi sono sempre stati fragili e dove gli arresti che hanno colpito la predominante cosca Anello-Fruci hanno creato un vuoto di potere che Mimmo Cracolici, «forte del suo stato di incensuratezza», secondo la Dda di Catanzaro riesce a sfruttare, specie mentre i cugini sono detenuti per le condanne rimediate in “Rinascita Scott” e “Imponimento”.

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