In calo il numero dei residenti in Calabria, l’antropologo Vito Teti: «La restanza ha senso se diventa progetto politico»
Di ritorno dal Salone del libro in corso a Torino, Vito Teti, antropologo vibonese tra i più conosciuti a livello nazionale, non si mostra sorpreso per i dati dell’ultimo censimento in Calabria. I segnali positivi sulla natalità sono frutto del caso secondo lei, o c'è una tendenza che può consolidarsi? «Non vorrei dare un’immagine pessimistica, ma purtroppo credo siano dati abbastanza occasionali e non indichino una tendenza perché bisogna considerare un arco temporale di almeno 5 anni». Si spopolano sempre di più le aree interne e montane rispetto a quelle cittadine, che tipo di soluzione potrebbe attuarsi per fermare questa emorragia? «Bisogna stabilire un collegamento frequente tra le diverse aree. La crisi va avanti da almeno 70 anni, per tale motivo bisogna investire nella cura del paesaggio, creando infrastrutture e favorendo i presìdi sanitari e d’istruzione. Difficile vivere in posti dove mancano i beni primari, qui in Calabria il problema si avverte di più perché dei deficit di lunga durata». È un caso o no che dove ci sono livelli di istruzione superiori la popolazione decresce di meno? «Il diritto a una buona scuola e al sapere, la possibilità di frequentare università e biblioteche deve essere garantita anche nei piccoli centri. Se sono presenti i servizi, la gente è incentivata a restare». Di fronte a un contesto drammatico, per quanto affascinante sia l’idea della restanza, non rischia di restare un concetto metaforico o utopico se mancano le basi, innanzitutto economiche, per poter rivivere le aree interne? «Non potendo fermare il declino demografico, le soluzione sono due: o favorire politiche d’accoglienza oppure convincere le persone, i giovani in particolare, a non partire. La restanza ha un senso quando diventa progetto politico per cambiare le cose, quando diventa un nuovo elemento della questione meridionale per cambiare le stato delle cose. Altrimenti è solo uno slogan e pura retorica».