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La rabbia degli agricoltori calabresi dal Papa: «Non ce la facciamo più ad andare avanti»

«Saluto i coltivatori e gli allevatori presenti in piazza». Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto alla delegazione di agricoltori provenienti da tutta Italia che ieri mattina si sono ritrovati in piazza San Pietro dove hanno seguito l’Angelus.
Tra i tanti rappresentanti del mondo agricolo, in rivolta ormai da un mese, c’erano anche i delegati calabresi del movimento “Territorio e Agricoltura”; insieme a loro anche i simboli della “rivolta” ovvero i trattori e la mucca Ercolina che da settimane stanno marciando lungo tutto lo Stivale. Gli agricoltori che stanno portando la loro pacifica rivolta di regione in regione hanno anche scritto la seguente lettera al pontefice: «Con immensa gratitudine la ringraziamo Santo Padre per averci accolti e invochiamo il suo sostegno e la sua benedizione. Le doniamo un trattore, simbolo della nostra fatica. Da settimane – continua la missiva – con orgoglio e tenacia, stiamo manifestando affinché gli organi di governo e i cittadini ascoltino la nostra proposta di riforma del settore agricolo. Con questa benedizione potremmo trovare la forza per vincere la partita».

La tappa in Vaticano segna un altro importante traguardo raggiunto da questa mobilitazione generale che vede in prima linea anche gli aderenti del movimento “Territorio e Agricoltura”, i quali come tutti i loro colleghi scesi in campo dalle Alpi alle isole, rivendicano dignità e diritti: «Protestiamo per tutelare il nostro comparto e tutto l’indotto che gira intorno al mondo agricolo. In Calabria siamo diverse migliaia e non riusciamo più ad andare avanti. Le istituzioni ci invitano a non coltivare i nostri prodotti perché preferiscono importarli dall’estero. I nostri prodotti, di qualità certificata, sono discriminati dal governo nazionale che ha fatto determinati accordi con l’Unione europea che penalizzano il nostro settore. A ciò si aggiunge il caro-gasolio che condiziona fortemente l'attività degli operatori dell'agricoltura».

Il movimento, in pratica, chiede con decisione un “sano protezionismo”, una mirata politica di tutela per i prodotti nostrani, per un settore che è volano per l’intera economia del Paese. Si invoca una politica di valorizzazione delle nostre eccellenze «per evitare che l’agricoltura italiana muoia sotto i colpi di un’eccessiva e squilibrata politica economica esterofila. Il mondo agricolo ha bisogno di essere ascoltato e accompagnato nelle scelte più opportune, al fine di tutelare l’impegno e la passione dei coltivatori che garantiscono la produzione di cibi sani, di qualità. Sono i prodotti che finiscono sulle nostre tavole italiane e che si vendono nei mercati nazionali e anche in quelli internazionali».

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