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'Ndrangheta tra Cosenza e Gioia Tauro: Porcaro, “Zu Totò” e i legami con i trafficanti reggini

Il boss pentito condannato a 20 anni si riforniva di droga dai “compari” della Piana. A fare da tramite con i rosarnesi era l’amanteano Suriano

Roberto Porcaro

I “compari” reggini. Roberto Porcaro trattava la'cquisto di partite di stupefacenti con gli 'ndranghetisti della Piana di Gioia Tauro. La circostanza è emersa prepotentemente con la maxi operazione “Cripto” della Dda di Reggio Calabria scattata due anni fa. L'acquisto di “polvere bianca” è costata al boss ora pentito una condanna in primo grado a vent'anni di reclusione. Uguale la pena inflitta al suo “compagno” di avventura, l'amanteano Francesco Suriano, nipote dello storico padrino del Basso Tirreno cosentino Tommaso Gentile. Porcaro, che inizialmente s'è ovviamente protestato innocente, potrebbe avere invece adesso descritto ai magistrati antimafia che lo stanno interrogando da settimane i rapporti intessuti e gli affari messi in piedi con i reggini. Con lui nell'inchiesta “Cripto” erano coinvolti pure Alessio Martello, 31 anni di Paola; Antonio Paletta, 37 anni residente a Roggiano Gravina; Gennaro Paletta, 31 anni residente a Roggiano; Giampiero Pati, 41 anni residente ad Amantea; William Pati, 50 anni residente ad Amantea, tutti condannati in prima istanza a pene variabili dai 10 anni e 8 mesi ai 13 anni e 4 mesi.
Nell’ordinanza “Cripto” la condotta di Porcaro è peraltro ben definita dai magistrati inquirenti. «Per conto del clan Lanzino-Ruà-Patitucci, egemone della città dei Bruzi, Roberto Porcaro» scrivevano i pm reggini «si occupava di gestire il traffico di sostanza stupefacenti» agendo «in qualità di promotore, organizzatore e finanziatore dell’associazione, operando a livello verticistico e direttivo, mantenenedo personalmente i contatti con Francesco Suriano, dal quale acquistava stupefacente che veniva poi ceduto al dettaglio sulla piazza di spaccio di Cosenza e zone limitrofe, che lui stesso gestiva». Numerosi gli incontri avvenuti a Cosenza e documentati dagli inquirenti, uno di questi anche in un negozio di abiti da sposa.
Emblematico il modo di comunicare scelto, per esempio, da Suriano: il narcotrafficante amanteano comunicava con i rosarnesi a mezzo sms, utilizzando schede ricaricabili tedesche. Ma particolarmente singolare appaiono i colloqui telefonici tra Suriano e l’ex boss Porcaro, perchè i due narcotrafficanti utilizzavano dei nomignoli particolari: “Zu Totò” e “Zu Binnu”, il riferimento era chiaramente a Totò Riina e Bernardo Provenzano. L’amenteano e il cosentino trattavano al telefono il prezzo della cocaina e della marijuana adoperando, però, un linguaggio, metaforico, criptato. Così nelle discussioni tra i due – che si erano appunto dati gli appellativi dei “big” corleonesi – la droga diventava una “bicicletta” e il guadagno sullo smercio “un panino con mortadella”. Discorsi apparentemente frivoli che lasciavano intravedere una certa cautela tradita solo in alcuni passaggi, come quando “zu Binnu” dice a “zu Totò” (nomignolo che i magistrati della Dda reggina attribuiscono a Francesco Suriano): «Il capo sei tu e sei unico, il tuo sosia non si trova nemmeno in Canadà» e l’altro ridendo ribatte: «Sei un volpone. Ok rimaniamo così. Comunque sono solo un arranciatore. Chiamami se ti serve un portaborsa. Un abbraccio e una buona serata».

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