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Il rapimento di Getty, così 50 anni fa nacque la holding delle 'ndrine

La vicenda del nipote dell’uomo più ricco del mondo che con il suo riscatto avviò il business della 'ndrangheta. Segnata da drammatici colpi di scena e fragili dinamiche familiari, la mafia calabrese lanciò la nascita del suo impero edile

Nella foto d'archivio del 17 luglio 1973 la conferenza stampa di Gail Getty (destra), madre di Paul Getty III, assistita dal suo avvocato. ANSA

Il rapimento del nipote dell’uomo più ricco del mondo che con il suo riscatto avviò il business della 'ndrangheta. Mezzo secolo fa con la vicenda di Paul Getty, segnata da drammatici colpi di scena e fragili dinamiche familiari, la mafia calabrese lanciò la nascita del suo impero edile.

La prima pietra per la holding

La prima pietra per la holding dei sequestri fu posta il 10 luglio 1973 quando a piazza Farnese, nel centro storico di Roma, fu portato via il sedicenne Paul Getty III. L’obiettivo del riscatto fu chiaro da subito: il petroliere miliardario americano Jean Paul Getty era suo nonno e secondo i banditi dell’epoca avrebbe potuto pagare qualsiasi cifra. Il nipote era un ragazzino dai capelli rossi e dall’aria hippy che viveva con la madre, la quale aveva una boutique a piazza di Spagna, e si dilettava a fare disegni per strada oltre a condurre una vita da bohemienne. Il giorno del rapimento venne sedato e portato in una cantina sotterranea vicino alla stazione di Sicignano degli Alburni, in provincia di Salerno.

Il primo riscatto: 17 milioni di dollari

La prima richiesta fu di 17 milioni di dollari in cambio della sua restituzione, con tanto di annuncio che fosse vivo grazie a una lettera disperata del ragazzo alla madre e una telefonata dove si minacciava di tagliare l’orecchio al giovane. Jean Paul Getty inizialmente si rifiutò di trattare con i sequestratori: «ho 14 nipoti, se pagassi anche un solo centesimo li rapirebbero tutti», diceva confermando la sua fama di uomo irremovibile e calcolatore. Anche perché tutti speravano che si trattasse di una truffa escogitata dal rampollo per estorcere soldi.

Il volto feroce degli aguzzini

Quando tre mesi dopo un pezzo dell’orecchio di Paul e una sua ciocca di capelli furono recapitati alla redazione romana del Messaggero, si svelò il volto feroce dei suoi aguzzini. La salute del ragazzo cominciava a peggiorare mentre al Tempo arrivò una lettera dove il ragazzino supplicava di essere liberato. Nel tempo l’intransigenza del nonno crollò e il petroliere fu costretto a scendere a patti: il riscatto, ridotto a tre milioni di dollari, venne pagato in parte dal nonno e in parte dal papà, che s'impegnerà a restituire al capostipite della famiglia un interesse del 4% annuo sulla somma prestatagli. Fu una somma liberamente pagata, visto che soltanto nel 1991 sarà introdotta la legge sul blocco dei beni ai familiari.

Il ritrovamento di Getty jr sulla Salerno-Reggio Calabria

Il 15 dicembre 1973, giorno in cui Jean Paul Getty compiva 81 anni, il sedicenne fu trovato da un camionista sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Quell'esperienza, durata cinque mesi, segnò inevitabilmente il ragazzo, che pur continuando la sua vita di artista girovago cadde nel vortice delle dipendenze: nel 1981 l’assunzione di una miscela a base di metadone, alcol e valium gli provocò un ictus che lo paralizzò rendendolo quasi cieco. Morì in Inghilterra nel 2011 a 54 anni.

Libri, film e 9 arresti

Per il rapimento di Paul, che ha poi ispirato libri e film, vennero arrestate nove persone - tra cui due capibastone delle cosche calabresi come Girolamo Piromalli detto 'Don Mommo' e Saverio Mammoliti detto 'Saro' - ma viste le insufficienze di prove solo due furono condannate in quanto esecutori materiali: Antonio Mancuso, proprietario dell’auto su cui fu caricato il denaro del riscatto, e Giuseppe la Manna, un guardiano notturno al quale furono ritrovate soltanto poche banconote del bottino, le quali nella vera sostanza non furono mai rintracciate.

Il nuovo volto della "mafia di montagna"

Diversi anni dopo la Commissione d’inchiesta antimafia scrisse nel '98, citando quel rapimento, che «con i proventi dei sequestri furono comprati camion, autocarri, pale meccaniche e si diede vita alla formazione di ditte mafiose nel campo dell’edilizia le quali parteciparono alle gare per gli appalti pubblici». Da allora in poi quella mafia della montagna non sarà più la stessa e i nomi di contrade diventarono sinonimo di sequestri. Sulla costa ionica della Calabria, a Bovalino qualcuno chiamava uno dei quartieri con l’appellativo 'Jean Paul Getty': un cognome i cui fiumi di denaro, sborsati per un rapimento, fecero sgorgare colate di cemento criminale.

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