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Pnrr, Case e Ospedali di comunità in Calabria. L’incognita principale è il post 2026

Critica la situazione dei modelli organizzativi delle strutture. Pesano le «incertezze» sul ruolo dei medici di medicina generale

Se da un lato sono «elevate» le possibilità che gli interventi vengano materialmente realizzati nei tempi previsti dal Pnrr, dall’altro resta un enorme punto di domanda su ciò che succederà dopo il 2027. Un interrogativo che, secondo uno studio di Gianfranco Viesti (ordinario di Economia all’Università di Bari) per la Fondazione “Con il Sud”, peserebbe oltre un miliardo di euro all’anno. È questa infatti la somma che servirebbe per far funzionare i servizi all’interno delle strutture previste dal Pnrr per la sanità territoriale: gli Ospedali e le Case di comunità nonché le Centrali operative territoriali.

Ci sono a disposizione 7 miliardi di euro per la presa in carico di 800mila nuovi pazienti, un’occasione da non perdere - specie al Sud - per alleggerire il carico dei pronto soccorso e ridurre le ospedalizzazioni degli over 65. Ma i fondi potrebbero presto venire a mancare. Senza dimenticare che resta «assai difficile» una modifica dei criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale «da sempre – sostiene Viesti – fortemente penalizzanti per le regioni meridionali» perché non danno il peso necessario «ai fabbisogni sanitari legati alle condizioni di deprivazione».

Lo studio dell’economista richiama le stime contenute in un recente documento dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio e parte dalle previsioni del decreto ministeriale sulla ripartizione delle risorse alle regioni integrandole con i successivi Contratti istituzionali di sviluppo. In Calabria – regione a cui sono destinati 257 milioni di euro, il 4,3% del totale – nel 2019 i servizi di assistenza domiciliare coprivano appena il 2% della popolazione mentre per il 2025 si punta ad arrivare al 9,5%.

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