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Vibo, l’informativa del Ros: ecco come abbiamo preso Bonavota

Il documento svela i particolari dell’indagine che ha portato all’arresto a Genova del latitante. Il telefono “dedicato” acceso il giorno prima dell’arresto e la cimice a casa della madre

Pasquale Bonavota

È il pomeriggio del 26 aprile scorso quando a Genova si riattiva un'utenza telefonica che risultava spenta da oltre 4 mesi, esattamente dal 21 dicembre. Poco dopo a oltre mille chilometri di distanza in Calabria viene riacceso un altro cellulare anche questo spento dal 21 dicembre. È bastato questo ai Carabinieri del Ros per porre fine alla latitanza di Pasquale Bonavota che durava da circa 5 anni. A svelarlo è l'informativa del Ros che la pm Annamaria Frustaci ha depositato nell'ultima udienza del maxi processo Rinascita Scott. Poco più di 40 pagine che sintetizzano il complesso lavoro degli investigatori dell'Arma culminato con l'arresto a Genova del 27 aprile scorso.
Telefoni dedicati Gli inquirenti sono riusciti a inserirsi in quella che loro stessi definiscono l'unica “vulnerabilità” del boss latitante. Per continuare a controllare il territorio di Sant'Onofrio, infatti, il latitante aveva avuto bisogno di mantenere un filo diretto, attraverso cellulari “dedicati”, con il nipote più grande Vincenzo Bonavota. Una pista che i militari seguivano dal novembre scorso quando Vincenzo Bonavota salì dalla Calabria prima a Torino e poi a Genova. Era così emersa la presenza di un'utenza telefonica in contatto solo con un altro numero (intestato a un cittadino pakistano) ed esclusivamente attraverso sms. Quei due numeri poi per mesi erano rimasti spenti.

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