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Sant'Onofrio, Bonavota si mostrava preoccupato per l’accusa di associazione mafiosa

In diverse intercettazioni i timori del latitante vibonese catturato a Genova

I carabinieri a Sant'Onofrio e, nel riquadro, Pasquale Bonavota

L’«associazione» pare fosse un chiodo fisso per Pasquale Bonavota. Il presunto boss di Sant’Onofrio, arrestato giovedì a Genova dopo quattro e anni e mezzo di latitanza, fino a poco prima di rendersi irreperibile reputava l’accusa di associazione mafiosa il suo vero «problema». Lo rivela un dialogo captato in un albergo di Roma e l’intercettazione, tra le migliaia confluite in “Rinascita Scott”, risulta quasi premonitrice perché oggi, dopo essere stato assolto – non in via definitiva – da alcune accuse di omicidio, è proprio quella associativa la contestazione per cui i carabinieri hanno condotto in carcere il 49enne ricercato dal 2018. Bonavota si era reso latitante già un anno prima che scattasse il maxi blitz di “Rinascita”, ma oggi, non avendo tra l’altro condanne definitive da scontare, è proprio quella ipotizzata dal pool di magistrati antimafia guidato dal procuratore Nicola Gratteri l’ipotesi accusatoria da cui è scaturita l’ordinanza di custodia cautelare a cui sfuggiva dal 19 dicembre 2019.

Proprio tra l’imponente documentazione agli atti dell’inchiesta si trova quel dialogo che il Ros, il reparto dell’Arma che lo ha arrestato nei giorni scorsi, ha captato a gennaio del 2017 nel gazebo di un lussuoso hotel romano. Bonavota parla con un altro presunto pezzo da novanta della ’ndrangheta vibonese, Saverio Razionale, ritenuto uomo di vertice del clan di San Gregorio d’Ippona nonché presunto boss-imprenditore con grossi interessi nella capitale.
Alla presenza di altre persone, durante quella che per il Ros sarebbe una vera e propria «riunione», Bonavota riferisce a Razionale che alcuni «paesani» che vivono in Canada, tramite il fratello, gli avevano mandato un regalo. Bonavota commenta ridendo: «... Ma quelli là, i paesani si riuniscono tutti in un posto… sono peggio di qua sai... perché là non hanno problemi d’associazione… non c’è l’associazione ...». Il riferimento alla mancanza del reato associativo nella legislazione canadese pare piuttosto evidente, ma il presunto padrino di Sant’Onofrio ribadisce il suo cruccio anche nel prosieguo della conversazione, in particolare quando, sempre confrontandosi con Razionale, si parla delle potenziali conseguenze delle rivelazioni del pentito Andrea Mantella.

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