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Pasquale Bonavota, il “malandrino con il cervello” che voleva creare una holding

Il latitante tra i più pericolosi ma senza condanne definitive

Il boss bambino abituato a maneggiare armi già a 16 anni e “il malandrino con cervello” capace di far uscire l’organizzazione dai ristretti confini di Sant’Onofrio per creare una vera e propria holding criminale. Sono le due facce di Pasquale Bonavota che ci vengono restituite dalle inchieste che lo hanno coinvolto. Latitante ritenuto tra i più pericolosi eppure nella sua fedina penale non c’è nessuna condanna definitiva. Nato a Vibo Valentia il 10 gennaio del 1974, era riuscito a sparire nel 2018 qualche ora prima dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione disposto dall’autorità giudiziaria dopo la condanna emessa in primo grado al termine del processo scaturito dall’operazione “Conquista” (sentenza che venne poi ribaltata dalla Corte d’appello di Catanzaro). Quando il 19 dicembre del 2019 scattò l’operazione “Rinascita Scott” lui era già latitante da più di un anno.
Pasquale Bonavota cresce in un paese, Sant’Onofrio, attraversato da una faida brutale. È solo un ragazzino quando la sua famiglia entra in guerra con i Petrolo - Bartolotta. Una scia di violenza che culmina il 6 gennaio del 1991 con la “Strage dell’Epifania”. Quel giorno il gruppo di fuoco dei Petrolo-Bartolotta, nel tentativo di uccidere alcuni affiliati dei Bonavota, sparò all’impazzata nell’affollata piazza Umberto I di Sant’Onofrio. Due persone rimasero uccise e altre 13 persone rimasero ferite. Per i Petrolo-Bartolotta fu l’inizio della fine, la cosca venne sgominata da una serie di arresti. I Bonavota a quel punto si trovarono la strada spianata per la conquista del potere sul territorio. A svelare la sua educazione criminale è stato lo stesso Pasquale Bonavota in alcuni dialoghi intercettati dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta “Uova del drago”.

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