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’Ndrangheta più radicata. La Dia: “Crescente vocazione affaristico-imprenditoriale”

L’Africa occidentale è diventata uno snodo logistico per i traffici di stupefacenti

Nonostante i risultati «di assoluto rilievo» raggiunti dalle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro, la ’ndrangheta si conferma, non solo in Calabria, come «l’assoluta dominatrice della scena criminale». Le ragioni sono note e l’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (riferita al periodo gennaio-giugno 2022) le individua, innanzitutto, nella coesione della struttura interna della criminalità organizzata calabrese, nelle sue capacità “militari” e nel sempre forte radicamento nel territorio. Gli esiti recenti delle più rilevanti inchieste confermano anche «una dimensione della ‘ndrangheta sempre pervicace nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale e che ha sinora dimostrato di saper diversificare gli investimenti orientandoli anche negli ambiti economici leciti che maggiormente risentono dell’attuale crisi finanziaria». È stata infatti documentata la capacità dei clan calabresi di proporsi a imprenditori in crisi di liquidità «dapprima come sostegno finanziario, subentrando poi negli asset e nelle governance societarie per capitalizzare illecitamente i propri investimenti».

Rimane l’interesse dei clan calabresi «nel traffico illecito dei rifiuti, come confermato risulta anche quello nell’usura e nel racket delle estorsioni». Al di fuori dei territori di origine, la ‘ndrangheta esprime la sua «spiccata capacità imprenditoriale» grazie agli enormi introiti del narcotraffico, settore in cui «continuano a rappresentare gli interlocutori privilegiati per i cartelli sudamericani in ragione degli elevati livelli di affidabilità criminale e finanziaria, garantiti ormai da tempo». La Dia segnala anche come negli ultimi anni l’Africa occidentale – in particolare la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana – sia diventata per le cosche di ‘ndrangheta «uno snodo logistico sempre più importante per i traffici di droga». E i flussi intercontinentali di stupefacenti «non hanno fatto registrare flessioni significative neanche nel periodo di limitazioni alla mobilità imposte a causa della nota crisi pandemica».

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