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Strage di Cutro, incidente probatorio per i sopravvissuti. Il rapporto della Guardia costiera

La Procura di Crotone vuole ascoltare i migranti superstiti alla tragedia di Cutro per ricostruire l’attività degli scafisti

Scatta l’incidente probatorio per fare luce sul naufragio del barcone al largo di Steccato di Cutro che domenica scorsa è costato la vita ad almeno 68 migranti, oltre a provocare tra i 27 e 47 dispersi. La Procura di Crotone vuole infatti sentire in udienza i superstiti della tragedia del mare per ricostruire l’attività degli scafisti e lo schianto del caicco sulla secca. Mentre sul versante della seconda inchiesta sono in procinto di prendere piede gli accertamenti sul non-salvataggio dei circa 180 profughi che si trovavano a bordo dell’imbarcazione: le indagini saranno condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Crotone ed è probabile che, quanto prima, verranno ipotizzati i reati di omissione di soccorso e disastro colposo. Già nelle prossime ore, il pm Pasquale Festa, titolare del fascicolo, avanzerà la richiesta di incidente probatorio al gip del Tribunale di Crotone, Michele Ciociola. L’obiettivo dell’Ufficio inquirente diretto dal procuratore Giuseppe Capoccia è quello di cristallizzare come prove in fase di indagini preliminari i racconti dei sopravvissuti sulla traversata dell’imbarcazione partita dalla Turchia. Sotto accusa ci sono quattro presunti trafficanti di uomini, uno dei quali s’è dato alla fuga subito dopo il naufragio: si tratta di Fuat Sami, turco di 50 anni, e Arslan Khalid, 25enne pachistano, e del 17enne originario del Pakistan per i quali sono stati convalidati i fermi. Invece, il quarto ipotetico scafista, Ufuk Gun, turco di 27 anni, è irreperibile. «Le condizioni del mare erano peggiorate tanto che (gli scafisti, nda) ci hanno permesso di lasciare la stiva e salire in coperta. Erano le 4 o le 5, ho potuto scorgere che dalla costa quelle che sembravano delle segnalazioni luminose e i quattro (scafisti, nda) pensando che fossero poliziotti hanno fermato la navigazione cercando di cambiare rotta e modificare il punto di approdo», ha raccontato un superstite ad uno degli investigatori. Contestualmente, toccherà all’Arma acquisire gli atti su quel buco di 6 ore che è passato dalla segnalazione dell’aereo di Frontex, l'Agenzia europea che vigila sulle frontiere, che alle 23.05 di sabato 25 febbraio ha indicato a Guardia di finanza e Capitaneria di porto la presenza di un’«unità che naviga regolarmente, a 6 nodi, in buone condizioni di galleggiabilità, con una sola persona visibile in coperta». Fino ad arrivare alle 4-4.10 di domenica quando il barcone s’è schiantato davanti alla costa. A riguardo, c’è la relazione della Guardia costiera che, nel ripercorrere quanto accaduto, sentenzia che l’intervento a mare «era attività di polizia» e quindi «spettava alla Finanza».

Il rapporto

«Ore 23.37 (di sabato 25 febbraio) – si legge - la Guardia di finanza di Vibo Valentia contattava la Capitaneria di porto di Reggio Calabria chiedendo se fossero a conoscenza della segnalazione dell’Eagle 1 precisando che si trattava di un’attività di polizia che stava seguendo la Gdf, la stessa precisava altresì che c’era una loro unità in mare (V5006), uscita da Crotone e pianificata sino alle ore 6 che avrebbe atteso l’arrivo del target. Mrsc (Centro di soccorso) Reggio Calabria manifestava la disponibilità ad avvisare Roccella e Crotone (sorgitori della Cp 321 e Cp 326) ma al telefono Roan Gdf precisava che per il momento “l’attività viene gestita dalla Gdf”». Poi: «Ore 23.39 – è scritto – Mrsc Reggio Calabria riportava a Mrcc di Roma che erano state allertate le vedette Cp 321 (su Crotone) e Cp 326 (su Roccella) e veniva riferito che la Gdf aveva fatto sapere: di avere classificato l’operazione con “attività di polizia marittima”, che in mare c’era la V5006 pianificata fino alle 6 dell’indomani e che avrebbe atteso l’imbarcazione “sotto costa”, condizioni meteo marine permettendo». Quindi si tratta di un’«attività di polizia» e non di soccorso. E ancora: «Ore 3.48 (di domenica) – prosegue – Roan Gdf contattava Mrsc di Reggio Calabria per informare che la V5006 e il P/V Barbarisi (di cui si apprendeva solo in quel momento la presenza in attività operative in mare) stavano facendo rientro per le condizioni meteo avverse. Veniva precisato che in quel momento le imbarcazioni della Guardia di finanza non battevano nulla al radar e che, alla domanda se ci fossero assetti in attività della Guardia costiera, veniva sottolineato che al momento non vi erano unità in attività operativa, ma che sarebbero state impiegate in caso di richieste di soccorso. Entrambi gli interlocutori, Roan Gdf e Mrsc di Reggio, concordavano circa la mancanza di elementi di criticità, in considerazione del fatto che l’unità era in assetto che a bordo era visibile solo una persona e che l’ultima posizione nota era a circa 40 miglia dalla costa». Infine: «Ore 4.06 Mrsc Reggio Calabria informava via WhatsApp l’ufficiale di servizio di Mrcc che il Roan Gdf aveva riferito che le unità della Gdf in mare avevano fatto rientro in porto a causa della condizioni meteo avverse». Alle 4.10, una persona ha chiamato i carabinieri per chiedere aiuto in quanto il natante stava affondando, ma i militari del Nucleo operativo e radiomobile di Crotone, hanno trovato sul posto i cadaveri in mare.

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