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Dai porti turchi alla Calabria: una rotta mai “pattugliata”

Si (ri)accendono le polemiche mentre i flussi sembrano inarrestabili. E la Locride è al collasso

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Nell’ultimo quadriennio in particolare, la cosiddetta “rotta turca” verso la Calabria, e in particolare in direzione del tratto di costa compreso tra la Locride e il Crotonese, non è mai stata presa in seria considerazione da nessuno e, soprattutto, mai “pattugliata” da alcuna nave Ong. Al di là delle polemiche e delle accuse – qualcuna strumentale e dal sapore prettamente politico – su chi tra Governo, Frontex, Guardia costiera e Guardia di Finanza avrebbe dovuto fare di più per cercare di evitare la tragedia di Steccato di Cutro, la verità sta da tutt’altra parte: cosa mai è stato fatto, a livello in particolare di Unione Europea, per contrastare o quantomeno limitare il più possibile l’ignobile, vergognoso e milionario business dell’immigrazione clandestina controllato in Turchia, alla luce del sole, da alcune organizzazioni criminali in combutta con apparati deviati o meno dello Stato?

Le domande senza risposta sono parecchie. A partire da come sia possibile che un motopeschereccio, con a bordo oltre 200 profughi, sia regolarmente partito da un porto turco (Izmir o Mersin?), sia passato davanti alle coste della Grecia (altro aspetto da chiarire) e sia stato in mare nel Mediterraneo per circa 4 giorni senza che nessuno se ne sia accorto? Com’è possibile che dalla Turchia decine e decine di barche a vela, con a bordo da 70 a 100 migranti, siano finora regolarmente partite, in particolare, negli ultimi tre anni, puntando verso le coste della Calabria, senza che nessuno se ne sia accorto? Com’è possibile, senza che a livello di Unione Europea e di Governi italiani in carica nell’ultimo quadriennio che solo a Roccella Jonica, dove tra l’altro non è mai esistito e non esiste un vero e proprio hotspot, negli ultimi 26 mesi si siano verificati, con provenienza sempre dalla Turchia, la bellezza di quasi 150 sbarchi di migranti (circa 13mila profughi, più del doppio della popolazione roccellese) e che la successiva, immane e caotica gestione a terra, sia stata in gran parte “scaricata” sulle spalle del Comune, delle forze dell’ordine e dei volontari della Croce Rossa e della Protezione civile?

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