È da anni ormai che dietro i tantissimi sbarchi di migranti lungo le coste ioniche della Calabria e in particolare nella Locride e, soprattutto, a Roccella Jonica (146 sbarchi di migranti negli ultimi 26 mesi) - che dopo Lampedusa è ormai da oltre un triennio il secondo punto d’approdo di migliaia di profughi - si cela un grande e vergognoso business dell’immigrazione clandestina con basi, in particolare, in Turchia e Libano. Finora sono decine e decine, infatti, le denunce pubbliche fatte sulla stampa su questo vergognoso e ignobile “mercato di persone”.
Ma chi dovrebbe intervenire, l’Europa in primis, ha finora fatto sempre orecchio da mercante, spostando il discorso sbarchi illegali su altri binari: accoglienza di massa senza regole e caos e problemi di varia natura, logistica e sanitaria, ad una dozzina di porti di Sicilia e Calabria.
Al di là, quindi, degli accordi internazionali, solo sulla carta, e nonostante i fiumi di denaro arrivati finora dall’Unione europea per frenare, con specifici controlli, il cosiddetto “traffico di esseri umani” verso il vecchio continente, era e resta la Turchia - con la Libia, comunque, che nel business si è già buttata a capofitto da diverso tempo - l’ambigua nazione che da anni “gestisce” con gruppi criminali e apparati deviati, militari e non, dello stesso Stato turco il gigantesco e milionario business dell’immigrazione clandestina in Italia.
A ritmo quasi giornaliero prendono il largo, nelle vicinanze dei Porti di Marmaris, Canakkale e Babakele Bodrum e Smirne, i malandati motopescherecci, vere e proprie “carrette del mare”, e le centinaia di barche a vela con a bordo i migranti. Gran parte delle imbarcazioni utilizzate per le traversate e in particolare nuove e costose barche a vela vengono sistematicamente rubate in Grecia nei piccoli porti turistici o prese a noleggio, da fantomatiche agenzie, in Turchia e poi non restituite.
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