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Il prof. 30enne dalla Calabria nella cara Milano. "Pranzo al sacco, cena a casa, spesa al discount"

Storie di emigrazione, storie di tanti giovani costretti a lasciare la propria terra per lavorare. In questi giorni è di stretta attualità il tema legato a tantissimi ragazzi del Sud che hanno lasciato la propria terra per andare a ricoprire ruoli soprattutto nella scuola. In molti casi si parla di giovani anche sotto i 30 anni. Ha colpito la storia della bidella napoletana Giuseppina Giugliano, la 29enne che, fatti i conti, avrebbe deciso di viaggiare ogni giorno sul treno da Napoli a Milano andata e ritorno piuttosto che spendere più soldi per affitto e spese varie per vivere a Milano. Una storia lanciata dal Giorno e poi diffusa con un ampio spazio da tutti i media e siti web nazionali diventando virale sui social.

Ora è il Corriere della Sera a raccontare la storia di un giovane insegnante di sostegno calabrese, il 29enne Fabio Mazzitello di Filandari in provincia di Vibo Valentia. Fabio insegna a Milano e guadagna 1500 euro al mese e metà dello stipendio viene prosciugato dall'affitto di un bilocale condiviso. In più ovviamente il condominio, le bollette, il supermercato, l'abbonamento ai mezzi pubblici. Ma nonostante tutto, Fabio riesce a mettere da parte 200-300 euro al mese.

A 19 anni il trasferimento a Milano all'università

A 19 anni, dopo il diploma da perito chimico, Fabio si trasferisce a Milano per frequentare Agraria. «Studiavo e intanto già lavoravo nelle scuole come insegnante di laboratorio per cui basta avere il diploma. Il primo anno ho vissuto a casa di parenti a Gallarate, in provincia di Varese — racconta Mazzitello —. Poi ho saputo che un mio compaesano, Giovanni, cercava un coinquilino per un bilocale a Pero, sul confine con Milano e con la fermata della metro a due passi. Così mi sono trasferito».

L'idea di comprare casa e le amicizie

Quindi racconta: «Lui però sta per andare via. La casa sarà messa in vendita e io ho chiesto il mutuo per poterla comperare: la cifra dovrebbe essere simile a ciò che pago ora. Mi aiuteranno i miei genitori con l’anticipo. E poi cercherò a mia volta un coinquilino, magari un collega. C’è solidarietà tra noi e nascono amicizie». Come quella nata con il collega Antonio Mascaro, 30 anni, anch'egli calabrese. Laureato in Economia e originario di Accaria Rosario (Catanzaro)

«Non puoi rifiutare la chiamata, anche se è dall’altra parte della provincia, se no perdi l’incarico», dice lo stesso Antonio. «La parte più brutta del precariato, per noi che facciamo il sostegno, è lasciare i ragazzi che seguiamo. Ci mettiamo 2-3 mesi per creare un legame con loro, comprenderli, poi finisce tutto. Quasi si ha paura a legarsi a colleghi e alunni, perché non sai se tornerai».

Pochi sfizi: si cena a casa, spesa al discount. Fabio e Antonio spesso cenano insieme. «A casa però, non fuori, a Milano devi stare coi piedi per terra, avere un budget e non sforare — dice Fabio —. A mezzogiorno non pranzo mai fuori: preparo dei piatti e li porto a scuola. La spesa la faccio al discount, pane pesce e carne qui costano meno. Se esco è solo una sera a settimana, per un aperitivo o una pizza. Quando ero studente invece andavo all’Hollywood, all’Old Fashion a ballare. Non vado in palestra, ma a correre al parco" ribadisce al Corriere della Sera. "Niente auto: uso sempre i mezzi pubblici, se proprio occorre prendo una macchina a noleggio. Poi approfitto dell’apertura gratuita dei musei la prima domenica del mese: ho visto il Museo del Novecento. Unico sfizio, andare a vedere una partita dell’Inter, ma non un big match".

Tornare in Calabria? Sì, si vive bene. Ma per i precari della scuola non c'è spazio. I voli di ritorno in Calabria li prenota mesi prima. «Solo low cost, se no spenderei anche 300 euro», dice. D’estate, quando torna a casa, aiuta i genitori. «Abbiamo una piccola attività familiare, un allevamento di suini e bovini e un vitigno». Perché fare questa vita a Milano, allora? «In Calabria vivrei meglio, ma il mio lavoro mi piace. Ho fatto dei concorsi per passare di ruolo e quando ci riuscirò, chiederò il trasferimento». Interviene Antonio: «Da precari non c’è alcuna possibilità di trovare posto in Calabria: non abbiamo scelta».

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