Esistono città diverse all’interno dello stesso capoluogo di regione. Città che non sembrano comunicare tra loro, divise in rigorose categorie: centro e periferia. Quando si parla di Catanzaro vengono subito in mente il centro storico, il suo Corso, i quartieri della zona nord. Poi si pensa al quartiere marinaro, un’area cresciuta a dismisura negli ultimi decenni. Ma in mezzo a queste due realtà che sembrano occupare ogni spazio - ma ci sono anche quartieri popolosi come Santa Maria - c’è una parte enorme di territorio, che appare come “figlia di un dio minore” verrebbe da dire ricordando un film italiano di trent’anni fa.
Le periferie sono il volto meno conosciuto e dolente del capoluogo di regione, quello che resta il più delle volte velato e nascosto, ma al suo interno cova un degrado che, spesso, non è solo fisico, come rappresentato in maniera evidente dall’abbandono imperante lungo le strade e nei palazzoni dell’edilizia residenziale pubblica, ma è anche sociale. Viale Isonzo, Pistoia, Aranceto sono alcuni dei nomi che nell’immaginario generale indicano i quartieri difficili, le zone dello spaccio e della criminalità rom. Ma in quanto accaduto ieri, non ci sono questioni legate alla criminalità da additare. C’è però tutta la difficoltà di costruire una città socialmente omogenea.
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