
L’intera filiera delle biomasse sarebbe stata gestita direttamente dalle cosche di ‘ndrangheta, la stessa nascita della centrale di Cutro sarebbe stata voluta dal boss Nicolino Grande Aracri. A parlare della genesi del business “green” è il collaboratore di giustizia Salvatore Muto. Grande Aracri, ha sostenuto il pentito, si sarebbe inserito nell’“affaire” delle biomasse sin dalla creazione della centrale di Cutro adoperandosi nei confronti di pubblici amministratori al fine di far ottenere le relative autorizzazioni. L’intervento del boss veniva naturalmente retribuito dai vertici della centrale a biomassa mediante sovrafatturazioni a ditte di comodo imposte dalla cosca cutrese che, inoltre, pilotava assunzioni presso quello stabilimento. Proprio nella tavernetta del boss di Cutro si sarebbe deciso di indicare Mario Donato Ferrazzo come referente per il trasporto di cippato presso la centrale a biomassa. In una intercettazione del 2012 il capobastone affermava che un business così redditizio non poteva essere gestito da una singola organizzazione criminale e che avrebbe comunque consentito ingenti guadagni per più realtà ‘ndranghetistiche tra cui anche quella mesorachese: «Dobbiamo guadagnare tutti quanti…inc… dobbiamo mangiare tutti quanti».
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