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Medici cubani in Calabria, un fronte diviso. La Uil è contro e l’Aiop a favore

Romeo sfida Occhiuto, Paolini attacca Anaao e... sanità pubblica. L’infermiera denuncia: «Ecco perché la Calabria non è attrattiva»

La sanità calabrese è da anni intrappolata in un labirinto che non offre una via d’uscita. Lo scenario è oscurato da tredici anni di scorie che hanno trasformato i servizi assistenziali in un accumulo di disperazione, soprattutto nei Pronto soccorso dove con i posti letto mancano pure medici e infermieri. Roberto Occhiuto ha provato a rimediare utilizzando la scorciatoia dell’accordo con i medici cubani, 497 “camici bianchi” in leasing per due anni. Un’operazione da circa 60 milioni di euro nel biennio compresi i principali benefit assicurati ai sanitari (luce, gas, telefono, aria condizionata e un paio di voli di andata e ritorno in patria). Un tentativo di riempire lo scarno granaio del personale in attesa di poter reclutare risorse calabresi come chiedono ordini professionali, politici e sindacati.

Il retroscena

Vincenzo Maria Romeo, responsabile della specialistica ambulatoriale della Uil, contesta la decisione di Occhiuto individuando «due passaggi significativi che meritano attenzione da parte dei cittadini. Il primo si riferisce all’approvazione in consiglio regionale, alla fine di luglio, la proposta di legge che ha abrogato la riduzione del 20% del trattamento economico dei vertici di Asp e Aziende ospedaliere, stabilita nel 2009: vengono pertanto aumentati gli stipendi dei manager con un costo aggiuntivo di oltre 400mila euro per il 2022 e di circa un milione per il 2023-2024. Il secondo argomento è riferito alla firma dell’accordo con un’agenzia intermediaria di Cuba per arruolare 497 medici con una previsione di spesa, a pieno organico, di oltre 2,3 milioni di euro al mese e di complessivi circa 28 milioni all’anno».
La denuncia Romeo si dice «attonito dinanzi a tali scelte» perché «i medici fuggono dalla Calabria per impossibilità ad essere contrattualizzati a tempo indeterminato (la maggior parte dei concorsi indetti sono precari tempi determinati rinnovabili semestralmente che tengono con l’acqua alla gola ogni ipotesi di sistemazione strutturale e di prospettiva), per l’inesistente tutela che hanno nei presidi territoriali dove, messi in trincea, diventano strumento alla mercè di cittadini che riversano su loro la frustrazione di servizi inesistenti o inefficienti ed istituzioni che li “strizzano” all’inverosimile ben oltre le 38-40 ore di contratto senza alcuna riconoscenza ne retribuzione, nonché per la conosciuta impossibilità di meritocrazia che non consente di costruire carriere se non altrove, per logiche territoriali di “baronato” che ben si conoscono».

Aiop contro Anaao

Il vicepresidente nazionale dell’associazione dell’ospedalità privata, Enzo Paolini, difende le scelte del governatore «l’iniziativa straordinaria del presidente Occhiuto è funzionale alle esigenze immediate del servizio regionale e non dovrebbe suscitare opposizioni pregiudiziali non coerenti con l’interesse dei calabresi». Poi, muove l’affondo contro il sindacato dei medici Anaao: «Davvero non si capisce la dichiarazione polemica contro l’impiego di medici cubani nel nostro Ssn. Non si può intravedere neanche la spiegazione corporativa dal momento che la decisione di Occhiuto non è determinata da valutazioni esterofile o qualitative ma dalla conclamata insufficienza quantitativa dei medici italiani. La verità è che il nostro sistema soffre la grave disorganizzazione e la crisi determinata dalle scelte sbagliate degli ultimi 10 anni con la stolta subordinazione del diritto alla salute agli stanziamenti economici. Uno dei riflessi di questa politica è stato il numero chiuso alle facoltà di medicina, causa delle sofferenze di ospedali e case di cura».
L’infermiera Maria Spanò è un’infermiera rientrata in Calabria da poco dopo aver lavorato a lungo fuori, e ha deciso di scrivere ad Occhiuto. Nella missiva si definisce «amareggiata nel profondo» provando a spiegare perché la sanità calabrese non è attrattiva: «In Calabria il pagamento degli straordinari è un’utopia, quello del premio di produzione è fermo ad anni fa e viene, di tanto in tanto, dato un acconto. L’avanzamento di fascia reddituale è un miraggio. Non esistono indennità; i notturni sono tra quelli meno pagati d’Italia. Il tempo che impieghiamo per cambiarci e darci le consegne sono minuti di lavoro regalati all’azienda, perché non è previsto che ci vengano pagate. Sa dove lavo la divisa che porto per un intero turno nei reparti di degenza? A casa. E sa chi mi ha dato quella divisa? Nessuno, l’ho comprata con i miei soldi. Sorvolando sui rischi infettivi, è svilente».

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