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Corruzione in atti giudiziari, condanna di sei anni per l'avvocato Armando Veneto

L'avvocato Armando Veneto

Sei anni di reclusione questa la sentenza emessa a carico dell’avvocato Armando Veneto, già deputato e anche ex parlamentare europeo dell’Udeur, già sindaco di Palmi con il Partito popolare. Il noto penalista è coinvolto in un caso di corruzione in atti giudiziari aggravato dal metodo mafioso e deve rispondere anche di concorso esterno in associazione mafiosa.

Condannati anche i coimputati Domenico Bellocco a 6 anni, Vincenzo Albanese a 2 anni, con restituzione alla Procura degli atti per un capo di imputazione. Rosario Marcellino a 4 anni. I fatti contestati risalgono al 2009 e nelle indagini compare anche la figura del giudice Giancarlo Giusti (suicidatosi nel marzo del 2015) che, stando alla ricostruzione dell’accusa, in qualità di magistrato componente il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, nell’udienza del 27 agosto 2009, annullò l’ordinanza di carcerazione emessa dal gip nei confronti dei componenti della cosca Bellocco arrestati nel corso dell’operazione “Rosarno è nostra 2”.

In cambio del provvedimento favorevole, sempre secondo la tesi sostenuta dall’accusa, il giudice avrebbe ricevuto 120mila euro, 40mila euro ciascuno dai tre indagati favoriti individuati in Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo e Domenico Bellocco. A fare da intermediari in questo presunto caso di corruzione in atti giudiziari sarebbero stati l’avvocato Armando Veneto, Gregorio Puntoriero, Vincenzo Puntoriero. Gli imputati rispondono pure del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, poiché – secondo quanto sostenuto dalla Dda di Catanzaro – Armando Veneto, Vincenzo Puntoriero, Gregorio Puntoriero, Vincenzo Albanese, Giuseppe Consiglio e Rosario Marcellino con il loro agire avrebbero favorito la cosca Bellocco ponendosi quale trait d’union tra la cosca e il giudice del Riesame con conseguente scarcerazione di tre di essi, collocati ai vertici del sodalizio.

Il commento dell'avv. Veneto

"Oggi un giudice di Catanzaro mi ha condannato per corruzione in atti giudiziari ed altro ad anni sei di reclusione. Sono sdegnato perché - vedrete - si dovrà pescare nell'ampio bacino delle fantasie per motivare una simile sentenza. Sono assolutamente estraneo alla vicenda - ha detto l'avvocato Armando Veneto - come aveva accertato la Magistratura di Catanzaro sin dal 2014; per la corruzione sono stati già condannati in primo grado coloro che ne sono stati ritenuti responsabili; sono stato tirato in ballo da una personale interpretazione di un "labiale" come è stato accertato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria che ha corretto l'errore iniziale. Infine è certo che l'accordo corruttivo era intervenuto prima ancora della mia nomina a difensore. C'era in sostanza più del necessario per pretendere che mi si chiedesse scusa per la inattesa notifica di conclusione indagini a mio carico che la Magistratura di Catanzaro mi aveva fatto comunicare a maggio 2020, senza neppure farla precedere da una indagine nuova rispetto a quella del 2014 e senza neppure acquisire gli atti del processo che aveva portato alla condanna di quelli che sarebbero stati condannati per la corruzione. Ricorrerò in Appello, ovviamente, anche perché sono curioso di sapere chi ha ragione tra la magistratura di Catanzaro edizione 2014 e quella odierna. Riguarda non solo la mia persona ma quella di ciascuno dei sudditi di questo lembo d'Italia".

L'intervento dei legali

"La condanna di un innocente è l'esperienza più amara che può vivere un difensore. Capita spesso che l'innocenza di cui sei certo non possa essere adeguatamente rappresentata attraverso le prove presenti nel processo. Non è questo il caso della condanna inflitta ad Armando Veneto a fronte di prove evidenti della sua innocenza. La scelta di essere giudicato con rito abbreviato è dipesa solo ed esclusivamente dalla presenza nel fascicolo di evidenze schiaccianti. Che avevano persuaso prima la Procura della Repubblica di Catanzaro quando aveva archiviato il fascicolo nel 2011; poi la Squadra Mobile di Reggio Calabria dopo la riapertura delle indagini che avevano consentito di inquadrare, senza ombra di dubbio, la dinamica dei fatti delittuosi e la totale estraneità dell'avv. Veneto; ed ancora la Procura di Catanzaro che aveva riconosciuto e spiegato la dinamica dell'errore commesso quando si era dubitato di un possibile ruolo dell'Avv. Veneto nella vicenda". Lo hanno scritto, in una nota, gli avvocati Clara Veneto e Giuseppe Milicia, difensori di Armando Veneto. "Lo aveva ribadito il Pubblico Ministero del processo celebrato nel 2015 nei confronti dei ritenuti responsabili, chiarendo che quell'errore aveva comportato il rischio di favorire i veri colpevoli. Tutto ciò - hanno proseguito i due legali - è perfettamente comprensibile; lo abbiamo compreso e abbiamo compreso la doverosa presa di posizione della Procura della Repubblica nel 2014 che manifestava il rammarico per essere stata la figura di un professionista stimato associata a vicende criminali. Ciò che invece non abbiamo compreso, e che il giudice non sarà in grado di spiegare con la sentenza, è il radicale capovolgimento di prospettiva dei pubblici misteri che si sono cimentati nel 2020, riesumando un fascicolo, destinato all'archivio per la posizione dell'Avv. Veneto. Il divario tra il verdetto del gup di Catanzaro e le cose ragionevoli e sensate è così macroscopico da indurci ad abbandonare il riserbo da noi avvocati solitamente osservato. Comprendiamo perfettamente che nella nostra terra la repressione penale, da certa magistratura militante, venga attuata secondo la filosofia "colpiscine uno per educarne 100". Ma giungere all'estremo di colpirne uno a caso - ma non per caso, perché Armando Veneto rappresenta molto di più del dramma individuale dell'innocente condannato- è inaccettabile".

 

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