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'Ndrangheta: operazione "Saggio compagno", arrestati 8 esponenti del clan di Cinquefrondi - I NOMI

Otto persone, coinvolte nell’operazione «Saggio Compagno» condotta dalla compagnia Carabinieri di Taurianova fra il dicembre 2014 e il gennaio 2015, finalizzata alla disarticolazione del «locale» di Cinquefrondi, operante in tutta la piana di Gioia Tauro ed attiva nel traffico di sostanze stupefacenti e nel contrabbando di armi da sparo, sono state arrestate dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria che hanno eseguito un ordine di carcerazione disposto dalla Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria. Gli arrestati, riconosciuti colpevoli, a seguito di rigetto del ricorso per Cassazione, del reato di associazione di tipo mafioso o, comunque, di reati aggravati dal metodo mafioso, escluso il periodo di reclusione già scontato nel corso del giudizio, sono stati condannati a pene comprese da uno a sei anni.

Gli otto arrestati

Raffaele Petullà,  Saverio Napoli,  Michele Ierace, Antonio  Petullà, Rocco Foriglio, Nicodemo Lamari, Rocco  Varacalli  e Antonella  Bruzzese  

L'indagine

L’indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, aveva condotto all’esecuzione di tre provvedimenti restrittivi nei confronti di 84 persone, permettendo, secondo l’accusa, di documentare come i vertici delle famiglie Foriglio, Petullà e Ladini fossero riusciti nel tempo, grazie alla forza di intimidazione scaturita dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e omertà, ad imporre il loro volere sul territorio dei comuni di Cinquefrondi e Anoia, assicurandosi anche il controllo del fiorente settore degli appalti boschivi e di ogni attività ad esso strumentale.

A far luce sulle dinamiche della cosca erano state le dichiarazioni di Rocco Francesco Ieranò, membro del sodalizio poi divenuto collaboratore di giustizia, che aveva permesso di documentare la strategia e gli obiettivi di Giuseppe Ladini, 'ndranghetista associato alla carica del «Vangelo» indicato come boss di Cinquefrondi. In pochi anni, Ladini, sempre secondo l’accusa, aveva scalato le gerarchie della 'ndrangheta e, forte di un vero e proprio esercito di «picciotti», aveva dato vita ad una sua 'ndrina, destinata a guadagnarsi fama per la spudoratezza delle modalità di azione, come poi riscontrato dalle stesse indagini all’esito delle quali erano stati contestati capi d’accusa particolarmente gravi: estorsione, detenzione abusiva di armi, furto aggravato, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, violazioni delle disposizioni per il controllo delle armi, armi clandestine, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.
L’attività investigativa aveva portato anche, al sequestro di beni mobili, immobili, attività commerciali e rapporti bancari per un valore di circa 500.000 euro.
Uno degli arrestati, Raffaele Petullà, ritenuto colpevole dei reati di estorsione commessa avvalendosi delle modalità mafiose e di furto aggravato, è stato condannato a sei anni e quattro mesi di detenzione, di cui dovrà scontare i rimanenti due. Saverio Napoli, condannato a otto anni e otto mesi di reclusione perchè ritenuto componente attivo del «locale» di Cinquefrondi, dovrà scontare in carcere i due anni restanti

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