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La Sicilia viaggia verso l'arancione, la Calabria probabilmente resta gialla

Persone in attesa del vaccino all'Hub di Catanzaro Lido

Dopo aver tentato, senza successo, di rinviare l’apertura delle scuole, ora il pressing delle Regioni si sposta sul bollettino che registra i positivi e sulla necessità di rivedere i parametri di classificazione dei ricoveri ospedalieri, senza più considerare gli asintomatici. Proposta che, dice il governatore del Veneto Luca Zaia, le Regioni avanzeranno al governo anche se dall’Istituto superiore di Sanità è già arrivato lo stop: «la definizione dei casi di sorveglianza deve contenere i positivi e non solo i casi con sintomatologia più indicativa» altrimenti «non controlleremo il virus».

Il motivo che spinge i governatori è semplice: vogliono evitare la zona arancione, fascia in cui aumentano le restrizioni soprattutto per i no vax - non possono uscire dal comune di residenza se non per lavoro, salute e urgenza - e nella quale si entra con l’occupazione delle terapie intensive al 20% e quella dei reparti Covid al 30%. Il rischio è in effetti concreto e già nelle prossime ore Piemonte e Sicilia, potrebbero cambiare fascia. Lo conferma la mappa del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) in cui l’Italia è tutta in rosso scuro e lo conferma l’analisi del Gimbe. L’enorme quantità di casi - 1,2 milioni in 7 giorni - «incontrando una popolazione suscettibile troppo numerosa, sta progressivamente saturando gli ospedali. E, di conseguenza, molte regioni si avviano verso la zona arancione entro fine mese».

La cabina di regia si riunirà nelle prossime ore e solo dopo che i tecnici avranno analizzato i numeri il ministro della salute Roberto Speranza firmerà le ordinanze. Stando ai dati dell’Agenas, già da lunedì potrebbero però passare in arancione il Piemonte, che ha il  23% e 33%, e la Sicilia, che ha le rianimazioni al 20% e i reparti Covid al 33%. Si dovrebbe salvare la Calabria che invece di intensiva ha il 17% mentre in area non critica registra il 39%. Ottimo il dato sull'incidenza: 800,49 casi x 100mila abitanti nella settimana tra il 7 gennaio e oggi. Seconda solo alla Sardegna.

Ma se il trend non si inverte, le prossime settimane vedranno altre 10 regioni cambiare colore: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, provincia di Trento, Toscana e Veneto hanno sforato la soglia del 20% nelle intensive mentre Liguria, Umbria Lombardia, e Valle d’Aosta sono già oltre il 30% dell’occupazione nei reparti Covid. Per questo i presidenti di Regione stanno valutando la possibilità di inviare una lettera al ministero della Salute e all’Istituto superiore di sanità per chiedere di considerare casi Covid solo i sintomatici nel conteggio dei positivi ricoverati e di escludere chi ha anche altre patologie.

«Oggi - spiega l’Emilia Romagna - i parametri includono pazienti che entrano in ospedale per altre patologie e poi risultano positivi ma senza sintomi. Parametri da cui dipendono le fasce di colore e quindi misure restrittive ed eventuali nuove chiusure, quando l'impegno di tutti deve essere rivolto al contrasto della pandemia basato su dati in grado di fotografare meglio la realtà». Secondo Zaia, inoltre, «il massimo organo europeo per le pandemie, l’Ecdc, spiega che si definisce "caso" un soggetto ammalato, con malattia respiratoria acuta o sintomi simil influenzale, o quando il tampone è positivo. Cosa significa? che il paziente senza sintomi, o quello che a sintomi ma non è positivo, non sono "casì Covid". L’Istituto superiore di Sanità, però, non la pensa così. Primo, dicono gli scienziati, vanno contati anche gli asintomatici.

Il Covid «dà una sintomatologia variegata e in evoluzione anche per la comparsa di nuove varianti virali che interagiscono in modo spesso diverso con il nostro organismo». E questo, «rende molto difficile riconoscere clinicamente un’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 in assenza di una conferma di laboratorio». Inoltre in molti casi, soprattutto tra i non vaccinati, l’infezione «decorre in maniera asintomativa». Dunque, «non sorvegliare questi casi limiterebbe la capacità di identificare le variabili emergenti» e «non renderebbe possibile monitorare l’andamento della circolazione del virus». Non solo. Nelle faq pubblicate sul sito l’Iss afferma che non è vero che l'Ecdc ha cambiato la definizione di caso. «E' la stessa del dicembre 2020». Si vedrà se arriverà la lettera al governo e se l’esecutivo decideà di prenderà in considerazione la richiesta, anche alla luce di quello che sostengono gli scienziati.

A palazzo Chigi, intanto, si sta lavorando al Dpcm che dovrà definire, in vista del 20 gennaio, quali sono le attività e i servizi ai quali si potrà accedere anche senza green pass, come previsto dal decreto del 7 gennaio, quelle «necessarie per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona" si legge nel testo. Sarà sicuramente possibile fare la spesa al supermercato, andare in farmacia, in ospedale, dal medico di base, dal veterinario. E ancora, andare a denunciare un reato o per esigenze urgenti di tutela dei minori, per andare in tribunale a testimoniare. Il dibattito nel governo su questo fronte però è ancora aperto: la bozza messa a punto dal ministero della Pubblica amministrazione prevederebbe un numero limitato di eccezioni guidate dal criterio dell’urgenza ma il ministero dello Sviluppo Economico starebbe spingendo per una lista più ampia che includa anche tabaccai, edicole, librerie, negozi di giocattoli.

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