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Catanzaro, dubbi della Cassazione sul reato associativo contestato a Talarico

Francesco Talarico

«Non vengono in alcun modo indicati dal Tribunale del Riesame gli elementi specifici su cui fondare la partecipazione del Talarico alla struttura associativa». È quanto scrivono i giudici della Cassazione nelle motivazioni del provvedimento con cui hanno accolto il ricorso dell’assessore regionale al Bilancio Francesco Talarico (difeso dall’avvocato Francesco Gambardella), indagato nell’ambito dell’inchiesta Basso Profilo. L’esponente dell’Udc era finito agli arresti domiciliari con l’accusa di voto di scambio politico mafioso e associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa. Il Tribunale del Riesame aveva escluso i gravi indizi in relazione all’accusa di scambio elettorale politico mafioso riqualificandolo come corruzione elettorale semplice, eppure aveva confermato la misura cautelare. Da quì il ricorso in Cassazione che ha annullato l'ordinanza limitatamente al capo relativo all’accusa di associazione e ha rinviato per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
Per i giudici capitolini la decisione del Riesame sull’ipotesi di voto di scambio è «immune da censure». La Cassazione condivide che non si possa «collocare in un contesto inequivocabilmente mafioso i soggetti che avevano operato in favore del Talarico (nella campagna elettorale del 2018 per il Parlamento, ndr), né, infine, potendosi ritenere certa la consapevolezza della caratura criminale dell’imprenditore Antonio Gallo da parte del Talarico». Dove il Riesame avrebbe invece sbagliato è nella motivazione del reato associativo.

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