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A Cosenza ospedali in ginocchio

La mancanza di personale medico e infermieristico costringe la sanità pubblica in... codice rosso

La sanità delle contraddizioni. L’area settentrionale della Calabria sembra lo scenario inventato per far felice l’estro ironico di Ennio Flaiano: gli ospedali ci sono, hanno beneficiato di lavori di riammodernamento, ma restano chiusi. I soldi per migliorare strutture e servizi si contano a milioni ma non vengono spesi; si aprono nuove facoltà di Medicina ma mancano i medici; le ambulanze girano con motori che hanno già macinato in media 450.000 chilometri e quelle private, garantite a supporto, rischiano di restare in garage perché la Regione non ha ancora rinnovato gli accreditamenti. Dulcis in fundo - come direbbe il latino Lucullo - ci sono i bilanci dell’Asp, per quasi un quinquennio rigorosamente falsi e mai approvati da otto diversi commissari. «Non chiedetemi dove andremo a finire perchè già ci siamo» scriveva proprio Flaiano nel secolo scorso.

I pronto soccorso

Il nostro viaggio “nella città dolente e nell’eterno dolore” (parafrasando Dante) comincia dal Pronto soccorso dell’Annunziata di Cosenza. Il più grande presidio sanitario della provincia dovrebbe contare sulla presenza di 22 medici ma ce ne sono in servizio solo 7. Inadeguato pure il numero degli infermieri. Il primario ha vinto un concorso e nei mesi scorsi è andato via. Inutile raccontare dell’eroismo del personale che ha addirittura scritto al Prefetto chiedendo rinforzi mentre il primario facente funzioni ha segnalato che entro la fine del mese altri due sanitari in servizio lasceranno la struttura perchè vincitori di concorso in una scuola di specializzazione. Stringatissimo, infine, il numero degli Oss (operatori socio-sanitari) ridotti al lumicino.
A Corigliano Rossano il quadro non cambia di molto: il “Compagna” è stato più volte a rischio di chiusura notturna per mancanza di personale. Al “Giannettasio”, polo Covid che serve un’area vastissima compresa tra Cariati a Trebisacce, in alcuni turni, ci sono solo un medico e un infermiere costretti, a volte, a lavorare per 18 ore consecutive. La mancanza di dispositivi individuali di protezione li ha costretti a doversi imbracare con buste di plastica legate con nastro adesivo.

Gli ospedali

I nosocomi inutilizzati, riconvertiti o chiusi, raccontano nel Cosentino del fallimento della politica del rigore e dei piani di rientro adottata negli ultimi dieci anni. Il quadro è disastroso. A Cariati, per esempio, c’era un nosocomio con 100 posti letto e reparti efficienti di cui non è rimasto nulla. È stato ridimensionato e riconvertito in struttura ambulatoriale. E lo stesso è accaduto nell'Esaro con il presidio di San Marco Argentano e, in questo caso, con un'aggravante: nel 2010 furono stanziati 8 milioni e mezzo per rimetterlo in piedi ma nessuno li ha mai spesi. A Trebisacce s’è seguito il medesimo andazzo: nel senso che l'ospedale, per decenni avamposto di assistenza e soccorso per l'intera area della Calabria ionica settentrionale, è stato quasi totalmente ridimensionato. Oggi è una residenza sanitaria, con pronto soccorso e reparto dialisi. Un tempo contava su ben 80 posti letto e ogni specialistica. Lungo la fascia tirrenica un altro scandaloso esempio di come siano stati dilapidati piccoli tesori della sanità pubblica è rappresentato dal nosocomio di Praia a Mare, un struttura efficiente e moderna ridimensionata a tal punto da spingere il sindaco a fare ricorso al Consiglio di stato per chiederne la riapertura. Un ricorso accolto dai giudici amministrativi ma rimasto inefficace. A pochi chilometri sorge l'ospedale di Scalea, costruito e mai adoperato, se non in minima parte, diventato l'icona dello sperpero e della inettitudine. Nell'area albanese della Calabria svetta il presidio di Lungro, completamente rimesso a nuovo - è un piccolo “gioiello” - con decine di posti letto rimasti chiusi per effetto delle tristemente note riconversioni e oggi assolutamente sottoutilizzato. Poi, a ridosso del Pollino, nell'Alta Calabria, la storia del presidio di Castrovillari con quattro sale operatorie costruite e mai aperte costate sei milioni di euro, inaugurate da due diversi governatori con tanto di taglio del nastro, pletore di reggicoda e scariche di comunicati stampa. Sono ancora lì, intonse.

Fondi inutilizzati

Il 30 aprile del 2016 è stato sottoscritto un Accordo di programma per la costruzione dei nuovi ospedali in Calabria: per Cosenza sono stati stanziati 375 milioni più altri 45 per la Cittadella della Salute. Tra il 2018 e il 2019 sono stati attivati i vari studi di fattibilità. Del nosocomio non c’è traccia e non è stato speso un centesimo. Non solo: dal 2017 sono disponibili fondi per la realizzazione di due Case della salute a San Marco Argentano (8 milioni), Cariati (9 milioni), pure questi denari non sono mai stati utilizzati. La ragione? Pastoie burocratiche, schizofrenie politico-amministrative, disinteresse.

I doppi pagamenti

In questi anni i creditori dell’Asp di Cosenza, spesso cliniche o case di cura private, hanno in più occasioni ceduto i loro crediti a delle società finanziarie con sede in Lombardia. Società che, pur con nomi diversi, avevano sede nel medesimo stabile e allo stesso numero civico di Milano. In moltissimi casi, i crediti sono stati saldati sia all'originario creditore (cioè la struttura privata) e sia alla società che ha poi ottenuto la cessione del credito. Non solo: le richieste di corresponsione delle somme sono state in talune occasioni avanzate sulla base di fatture inesistenti, cioè mai registrate in contabilità dall'Asp. Il risultato? Le casse dell’Azienda sono state saccheggiate.

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