Due strane intimidazioni e un’unica “firma”. Le tre batterie al litio (una delle quali esplosa) lasciate attaccate al tubo di scappamento dell’Audi A 4 dell’assessore regionale Fausto Orsomarso a Cosenza, sono praticamente identiche a quelle trovate sotto l’auto dell’ex consigliere regionale del Pd, Giuseppe Aieta, a Cetraro, due settimane fa, Stesso tipo, medesima dimensione, uguale marchio di fabbricazione: ciò significa che una “manina” ha avvolto nel nastro adesivo e attaccato alle vetture dei due esponenti politici - l’uno di centrodestra e l’altro di centrosinistra - il singolare involucro. La ragione? Lanciare un messaggio intimidatorio ad entrambi: possiamo mettervi una bomba sotto i sedili quando vogliamo. Ed è tanto vero quanto allarmante il fatto che nessuno dei due politici è in grado di stabilire quando il “pacco” è stato collocato. Orsomarso se n’è accorto perché una delle batterie riscaldata dalla marmitta è esplosa mentre Aieta è stato allertato da una pattuglia dei carabinieri.
Dice il consigliere di Fratelli d’Italia: «Non ho ricevuto minacce e non riesco a capire cosa significhi». Gli fa eco l’esponente progressista: «Non so spiegarmi l’accaduto, nessuno mi ha minacciato».
Due le procura chiamate a far luce sulle vicende: quella di Cosenza, guidata da Mario Spagnuolo e quella di Paola, diretta da Pierpaolo Bruni. Nastro adesivo e batterie sono all’esame, nel caso di Orsomarso, della Polizia Scientifica, in quello di Aieta dei carabinieri del Ris. Le analogie tra le due intimidazioni, per stessa ammissione delle vittime, appaiono più che evidenti e non resta, dunque, che procedere in sinergia sia dal punto di vista giudiziario che investigativo. La cosa ancora più strana è che Orsomarso e Aieta non hanno nulla in comune se non la partecipazione ai lavori del consiglio regionale nell’appena conclusa legislatura. Per il resto militano in aree politiche differenti e non hanno nulla da spartire. E allora chi li “avverte” e, soprattutto, perchè? Nessuno è, al momento, in grado di fornire una risposta.
Gli investigatori della Digos a Cosenza e quelli dell’Arma a Cetraro hanno acquisito le immagini girate dalle telecamere di videosorveglianza collocate in alcune delle zone in cui i politici sono stati nei giorni immediatamente precedenti al ritrovamento al rinvenimento degli “involucri”.
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