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Locri, l’omicida dell’avvocato Filippone non fu “provocato”

Le motivazioni sulla condanna di Antonio Sgrò a 17 anni e 4 mesi di reclusione per l’uccisione del nipote

Antonio Sgrò

«Ai fini della configurabilità dell'attenuante della provocazione occorrono tre diversi elementi costitutivi: lo “stato d’ira”, il “fatto ingiusto altrui” e un “rapporto di causalità psicologica” e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta». È quanto scrivono, in sintesi, i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale hanno confermato la condanna d’appello per Antonio Sgrò a 17 anni e 4 mesi di reclusione per l’omicidio del nipote Francesco Filippone, avvocato penalista ucciso il 23 febbraio 2017 a Locri. I giudici della prima Sezione penale rilevano che «in presenza di reazioni spropositate ben può affermarsi che l’agente non abbia agito in preda ad uno stato d’ira, ma piuttosto in uno stato d’animo nel quale ormai erano definitivamente prevalsi il rancore e l’odio, in quanto tali incompatibili con l’attenuante della provocazione».

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