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Papa Francesco torna a ordinare sacerdoti a Roma: c'è anche il cosentino Salvatore Marco Montone

Papa Francesco, da vescovo di Roma, torna a ordinare i sacerdoti per la sua diocesi. Lo scorso anno le ordinazioni presbiterali furono posticipate e celebrate dal cardinale vicario Angelo De Donatis a San Giovanni in Laterano per via della pandemia. Ma domani, domenica 25 aprile, alle 9, sarà nuovamente il Pontefice a presiedere il rito nella basilica di San Pietro e nella domenica detta «del Buon Pastore». Tra l’altro, la messa, pur nelle restrizioni di accesso in Basilica, torna dopo più di un anno ad essere celebrata all’Altare centrale, quello «della Confessione», anziché come avvenuto in tutti questi mesi all’absidale Altare della Cattedra.

Sono nove i giovani che saranno consacrati - al momento sono in ritiro spirituale di preparazione in un monastero - e che si sono formati nei diversi seminari diocesani. In sei hanno studiato al Pontificio Seminario Romano Maggiore, due si sono invece formati al Collegio diocesano Redemptoris Mater e uno al Seminario della Madonna del Divino Amore. Sei sono italiani, gli altri tre vengono da Romania, Colombia e Brasile. Originario della Romania Georg Marius Bogdan: «Il mio desiderio di diventare sacerdote - racconta - è nato fin da bambino, da quando avevo 9 anni e leggevo un libro intitolato "Vita di San Giovanni Bosco". Sognavo di diventare come lui». Decisivo l’esempio di Don Bosco anche per Salvatore Marco Montone, 32enne cosentino (di Spezzano Albanese), trasferitosi a Roma per gli studi universitari, trovando alloggio nella residenza universitaria salesiana della parrocchia di San Giovanni Bosco. «Qui, una notte - rievoca -, durante l’adorazione eucaristica in chiesa, si è palesata la chiamata del Signore». Per il futuro sacerdote sono stati particolarmente importanti le esperienze di servizio con la Caritas diocesana: «Ho sperimentato davvero quella 'Chiesa ospedale da campò di cui ci parla papa Francesco».

Parole simili a quelle che usa Diego Armando Barrera Parra, 27/enne colombiano: «Una volta finito il liceo, in Colombia - racconta -, facevo volontariato nel carcere minorile e in una fondazione per tossicodipendenti. Lì è nato il mio desiderio di poter aiutare e servire il prossimo per sempre». Il più giovane dei nove diaconi è Manuel Secci, 26enne romano, cresciuto a Torre Angela nella parrocchia dei Santi Simone e Giuda Taddeo, "dove il senso di comunità e le belle esperienze - dichiara - hanno nutrito la mia vocazione». Vocazione matura quella di Salvatore Lucchesi, siciliano di Acireale di 43 anni (la mamma è di Messina): «Rendo grazie a Dio con la mia vita per tutta la misericordia che ha avuto per me»». Arrivato da Brindisi a Roma per studiare medicina, 29 anni, Giorgio De Iuri racconta: «Il desiderio della vocazione è nato in me quando avevo circa 15 anni, ma lo avevo un pò accantonato. Si è poi riacceso nei primi anni che ho vissuto qui a Roma da studente fuori sede, grazie all’accoglienza che ho ricevuto nella parrocchia di Santa Galla», nel quartiere di Garbatella.

Mateus Henrique Ataide Da Cruz, 29 anni, è nato in Brasile, a Afogados da Ingazeiras, e si è trasferito a Roma sette anni fa, per frequentare il Seminario della Madonna del Divino Amore. "Quando avevo 15 anni iniziai a lavorare per un uomo anziano, lo aiutavo con il computer - racconta -. Nel contratto di lavoro era scritto chiaramente che ogni giorno avrei anche dovuto pregare insieme a lui e recitare il Rosario. Quella che i primi tempi ho vissuto come un’imposizione, è diventata poi per me una necessità». Riccardo Cendamo, del Redemptoris Mater, quarantenne, sognava invece di diventare regista, e per qualche anno lo ha anche fatto. Ma poi ha capito che non era quella la sua strada. «Se adesso mi guardo indietro mi rendo conto che la chiamata alla vocazione sacerdotale c'era da sempre, quell'amore doveva maturare». È l’ultimo di quattro fratelli Samuel Piermarini, 28 anni e una grande passione per il pallone. «Giocavo ad alti livelli, la Roma mi chiamò per fare un provino - ricorda con un sorriso -. Alla fine dell’allenamento mi chiamò Stramaccioni e mi disse: "Allora Piermarini, puoi firmare con noi!". Ma io risposi che non me la sentivo». Quindi l’ingresso al Redemptoris Mater e, domenica, l’ordinazione presbiterale: «Non vedo l’ora!».

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