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"La scultura deve tornare in Calabria"

Parla Filippo de Blasio di Palizzi discendente del cavaliere gerosolomitano la cui statua venne rubata a Reggio negli anni 60

La statua... ritrovata. Il sepolcro dedicato al cavaliere gerosolomitano Giuseppe Monsolini, venne eretto nella basilica dei Cappuccini di Reggio Calabria nel 1637, per volontà di Lelio Monsolini, fratello del cavaliere ch’era a capo della guarnigione di nobili uomini di spada chiamati a difendere la città dello Stretto dagli assalti guidati dal pirata Khayr al - Din detto “Barbarossa”. Don Giuseppe morì a 48 anni, stringendo l’elsa in pugno e la sua famiglia decise di celebrarne la figura e coltivarne il ricordo costruendo un sepolcro degno d’un uomo di tanto valore e di così alto lignaggio.

Il sepolcro

L’eterna dimora del guerriero cristiano era costituito da un sarcofago di marmo bianco che aveva sul coperchio due angioletti finemente modellati e la statua del defunto vestito con l’armatura crociata. Nella rappresentazione scultorea il cavaliere stringeva un libro con la mano sinistra e con la destra si sosteneva il capo, adagiato su un pulvinare marmoreo. V’erano poi un bassorilievo con lo stemma dell’antico casato Monsolini e l’epigrafe che ricordava i tratti salienti della vita del defunto. Per più di trecento anni il monumento sepolcrale ha resistito alle bramosie degli uomini ed ai terremoti più devastanti (1783 e 1908) finendo invece sembrato e spogliato del suo pezzo più importante nel secolo scorso. Quando, infatti, venne deciso l’ampliamento e la ristrutturazione del plesso religioso che sorge nella zona dell’Eremo, i resti del cavaliere finirono in un’area contenenti le salme di altri appartenenti alla famiglia e scomparve invece la scultura che lo ritraeva con l’armatura e le vesti da crociato.

Il misterioso furto

Fu insomma posto in essere un volgare furto culminato nel 1994 in una vendita (l’ennesima?) della statua a un mecenate parmense, Franco Maria Ricci che l’acquistò da un antiquario di San Gregorio in provincia di Catania per 14 milioni di lire. Un acquisto confermato dall’esistenza di un assegno consegnato da Ricci ai carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale e da un rituale atto di cui il collezionista era in possesso e che fu acqusito dal luogotenente Francesco Leone, autore dell’indagine su questo controverso caso. L’antiquario siciliano, interrogato successivamente dagli investigatori del capitano Bartolo Taglietti, disse di aver a sua volta avuto in conto-vendita la scultura da un commerciante di Noto (Siracusa) chiamato “Turi Cappedduzzu” del quale però non v’erano più tracce perchè nel frattempo deceduto. A individuare, dopo 40 anni, la statua è stato l’ultimo erede di Giuseppe Monsolini, l’architetto Filippo de Blasio di Palizzi, di Reggio che s’accorse del crociato in marmo sul set del film “La migliore offerta” del Premio Oscar Giuseppe Tornatore, uscito nelle sale cinematografiche nel gennaio 2014. Il professionista e discendente del cavaliere gerosolomitano era andato al cinema a vedere la pellicola insieme con la moglie. Il “crociato” compariva in almeno 18 scene del film girato nella villa di Ricci e, in un caso, campeggiava alle spalle del celebre attore canadese Donald Sutherland. Il 17 giugno prossimo il Tribunale civile della città calabrese dovrà decidere se ordinare la restituzione della scultura ai frati cappuccini reggini oppure lasciarlo ancora nella disponibilità della moglie e della Fondazione intitolata a Ricci, a sua volta deceduto. In giudizio sarà presente pure l’Avvocatura dello Stato allertata dalla Soprintendenza.

Il discendente

«Vorrei che la scultura tornasse a Reggio e fosse restituita ai frati dell’Eremo e riassemblata a tutti gli altri pezzi del sepolcro che ancora si trovano nella struttura religiosa» afferma Filippo de Blasio di Palizzi.
Ma che idea si è fatta del furto?
«Io non credo alla pista siciliana seguita dopo le dichiarazioni rese da Ricci. Penso che una volta asportata dalla mia città, la scultura sia stata trasferita a Roma».
Il suo attaccamento al sepolcro non è solo di carattere storico ma pure affettivo. Perchè?
«Dopo il terremoto del 1908, il monumento sepolcrale venne restaurato dai miei bisnonni: Ferdinando de Blasio e Luisa Monsolini. Quest’ultima era l’ultima discendente in vita della famiglia del cavaliere gerosolomitano».
Ma chi realizzò la statua del suo avo?
«Uno scultore di origine lucchese che aveva bottega d’arte a Messina: si chiamava Placido Blandamonte».
Ha firmato altre opere in Calabria?
«Si, una di queste è “L’Angelo Tutelare” che è posto all’ingresso di Palazzo San Giorgio a Reggio. La scultura venne commissionata dalla famiglie Monsolini e Melissari che, conclusa una lunga disputa legata alla gestione della commercializzazione e lavorazione della seta, s’impegnarono a finanziare opere in favore della comunità».
I Monsolini erano legati all’Ordine gerosolomitano poi divenuto dei Cavalieri di Malta?
«Si, Giuseppe Monsolini per la difesa di Reggio dagli assalti pirateschi ottenne un vitalizio dalla Corona. Il nipote, Carlo, morì in Oriente mentre scortava uno dei vascelli che mensilmente partivano da Reggio diretti ad Alessandria d’Egitto dove la famiglia aveva interessi».
Il “crociato” tornerà a casa?
«Lo spero davvero con tutto il cuore.

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