«Da Sibari a Vibo Valentia le portiamo noi». Così parlò Nicolino Grande Aracri, rivolgendosi a un sodale di Botricello. Era il 25 dicembre del 2012 e il boss che da un mese circa, collabora con i magistrati dell’ufficio di Procura guidato da Nicola Gratteri, si sentiva al sicuro nella sua tavernetta di “Scarazze” alla periferia di Cutro. Un fortino blindato che venne però abilmente violato dai Carabinieri che piazzarono microspie ovunque. Quel colloquio che è agli atti dell’inchiesta “Kyterion”, confermò il peso specifico raggiunto dalla locale di Cutro guidata da “Mano di gomma”, nell’ambito delle geografia della ’ndrangheta. Parole non millantate secondo i magistrati della Dda, ma confermate tra gli altri, da un pentito di primo piano della criminalità organizzata calabrese: Giuseppe Giampà, di Lamezia Terme, figlio di Francesco detto il “professore” capobastone storico del clan della piana lametina.
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