La sanità cosentina era un pozzo senza fondo. L’enorme flusso di denaro pubblico s’inabissava e scorreva sotterraneo, come un fiume carsico, ad alimentare una rete d’interessi più o meno delineati nel primo troncone dell’indagine (il secondo è ancora in corso), denominata “Sistema Cosenza”. Indagine (durata due anni) che il capo della Procura bruzia Mario Spagnuolo e il sostituto Mariangela Farro – supportati dal comandante provinciale della guardia di finanza, il colonnello Danilo Nastasi, e dal comandante del nucleo di polizia tributaria, il colonnello Michele Merulli – hanno chiuso l’altro ieri con la notifica della misura cautelare del divieto di dimora a sei dei diciannove indagati. Tra questi compaiono pure i commissari alla sanità Massimo Scura e Saverio Cotticelli e l’ex direttore del Dipartimento salute della Regione (nonché soggetto attuatore per l’emergenza coronavirus) Antonio Belcastro che martedì – assistiti dagli avvocati Paolo Pepe, Matteo Petramala e Luca Peluso – saranno sentiti dal giudice per le indagini preliminari Manuela Gallo. Nella stessa giornata sfileranno davanti al gip pure i dirigenti dell’Asp bruzia Bruno Zito e Vincenzo Ferrari entrambi assistiti dall’avvocato Luca Peluso. Mercoledì, invece, saranno interrogati – assistiti dagli avvocati Pierpaolo Pastore, Massimiliano Coppa, Stefano Antonio Pellegrino e Franco Vincenzo Locco – Fabiola Rizzuto, Antonio Scalzo, Aurora De Ciancio e Nicola Mastrota. Sono tutti pronti a difendersi in relazione alle accuse che gli vengono mosse dalla Procura. Al centro della vicenda giudiziaria vi è la presunta falsificazione dei bilanci dell’Asp di Cosenza dal 2015 al 2017.
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia