Il virus, la fine vicina e... la rinascita. «È stata una prova terrificante. Pensavo di essere destinato alla morte: per otto giorni sono rimasto con un filo di aria, attaccato alla vita, sotto quel casco che m’inondava d’ossigeno. Capivo da medico che non ce l’avrei fatta. Stavo morendo, i miei polmoni erano compromessi per più del 70 per cento ed io lo sapevo... Sapevo di essere ormai dentro una bara... era solo questione di tempo. Non ho mai dormito per continuare a respirare: mai! Neppure un minuto. Mi facevo aiutare dai colleghi e dagli infermieri, non volevo chiudere gli occhi. È stato così per otto interminabili giorni vissuti in terapia intensiva»: Antonello Scalzo, è il vice coordinatore della Task Force che si occupa della lotta al Covid 19 nell’Alta Calabria. Nel suo ruolo ha eseguito centinaia di tamponi, ispezionato scuole dove c’erano casi “sospetti” e tracciato contatti di decine e decine di positivi. Poi, una domenica sera gli è arrivata una febbre improvvisa: il termometro ha misurato quaranta gradi. Ed è cominciato il calvario.
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