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In Calabria 29 intimidazioni ai sindaci in sei mesi, le minacce viaggiano anche sui social

Diminuiscono gli atti intimidatori nei confronti dei sindaci e degli amministratori locali, anche se le minacce non sono solo più fisiche e verbali ma viaggiano anche sui social. È quanto emerge dal rapporto semestrale dell'Osservatorio costituito al Viminale proprio per monitorare l'andamento e l'evoluzione del fenomeno sul territorio, favorire e potenziare lo scambio di informazioni tra lo Stato e gli enti locali, individuare gli strumenti di contrasto e le migliori strategie per la prevenzione.

Secondo i dati del ministero dell'Interno, nel primo semestre del 2020 gli atti intimidatori sono stati 319 contro i 336 dello stesso periodo dell'anno scorso, con una flessione che si attesta al 5.1%. Un trend che, dice il Viminale, sembra confermarsi anche nel terzo trimestre, che fa registrare 143 episodi contro i 182 dei tre mesi precedenti.

I numeri dicono anche che a livello locale la Regione in cui il fenomeno è più diffuso in quest'anno di emergenza legata al Covid è la Puglia: 41 episodi rispetto ai 33 dell'anno precedente. Di questi, uno ha per matrice la criminalità organizzata, 7 la criminalità comune, 4 le tensioni sociali, uno le tensioni politiche, 5 motivazioni private e ben 23 sono di matrice ignota ma almeno in parte riconducibili alla criminalità organizzata vista in particolare la situazione nella provincia di Foggia dove, ha ricordato anche recentemente il procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, c'è una mafia che attualmente «è divenuta il primo nemico dello Stato». Subito dopo la Puglia ci sono Lombardia, con 37 intimidazioni, Campania (33), Sicilia (31), Calabria (29), Emilia Romagna (23), Lazio (19), Sardegna (16), Veneto (15) e Toscana (14).

Solo due le regioni nelle quali non si sono registrate minacce agli amministratori locali: l'Umbria e la Valle d'Aosta. Complessivamente dei 319 atti registrati dal Viminale, più della metà, il 55,4%, sono di matrice ignota; 46 riguardano invece le tensioni sociali (14,4%), 40 quelle politiche (12,5%), 35 sono di natura privata (10,9%), 20 legate alla criminalità comune (6,2%) e una alla criminalità organizzata (0,3%). Un atto su due (51,1%) ha coinvolto i sindaci, anche delle aree metropolitane, il 27,2% i consiglieri comunali e l'11,9% i componenti della giunta comunale o provinciale.

Se poi si sposta il periodo d'osservazione ai primi 9 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, si registra un aumento dei casi in Basilicata (da 0 a 10), in Campania (da 41 a 54), nel Lazio (da 15 a 29). Calano, invece, in Liguria (da 28 a 19), nelle Marche (da 10 a 7), in Piemonte (da 33 a 28), in Sardegna (da 39 a 20), in Sicilia (da 70 a 56) e in Toscana (da 25 a 19).

L'Osservatorio ha infine colto un'evoluzione del fenomeno. «La maggior parte delle intimidazioni avviene mediante danneggiamenti di beni privati o pubblici, seguiti da minacce verbali o scritte, missive anonime e, infine, con minacce e offese attraverso i social network. Ed è proprio questa ultima modalità - dice in conclusione il Viminale - a rendere più comune e veloce l'intimidazione che, a portata di click, consente a chiunque di porre in essere una condotta minatoria, offensiva o diffamatoria nei confronti di un amministratore locale».

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