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L'Asp di Reggio Calabria tra debiti e incognite

Asp di Reggio Calabria

«Ma il Consiglio dei Ministri crede davvero che, tenendo una propria seduta a Reggio Calabria, come a dire lo Stato c'è, possa risolvere i problemi con l'ennesima norma poi inapplicabile? Lo farà forse aumentando i poteri del commissario alla sanità, che potrà scegliere i direttori generali? E il commissario, un generale, quale competenza ha per scegliere i direttori generali? Senza contare la già dichiarata opposizione della Regione. La confusione sarà totale». Lo scriveva più di un anno fa Massimo Scura, l'ex commissario regionale alla sanità in servizio dal 12 marzo 2015 al 18 dicembre 2018, nel suo libro “Calabria malata - Sanità, l'altra 'ndrangheta”.

Parole che, rilette oggi, sembrano profetiche. E danno lo spunto per una serie di riflessioni sullo sfascio platealmente andato in onda in questi giorni in diretta nazionale. Buttiamo lì qualche elemento in chiave reggina.

Il decretone

Cominciamo dal decreto Calabria approvato dal Consiglio dei Ministri in trasferta il 18 aprile del 2019 proprio a Reggio. Ebbene, c'era un articolo - il quinto - che sembra cucito apposta all'Asp sepolta sotto una montagna di debiti: «Laddove emergano gravi e reiterate irregolarità nella gestione dei bilanci, anche alla luce delle osservazioni formulate dal collegio sindacale o delle pronunce della competente sezione regionale della Corte dei conti, ovvero una manifesta e reiterata incapacità di gestione, il commissario straordinario propone al commissario ad acta di disporre la gestione straordinaria dell'ente, alla quale sono imputate, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte fino al 31 dicembre 2018». I commissari che reggono dal 2019 l'Asp sciolta per mafia (il prefetto Giovanni Meloni, la viceprefetto Carolina Ippolito e il dirigente di seconda fascia Domenico Giordano) l'hanno chiesto il dissesto, l'altro commissario (il generale Cotticelli “io non so che mi è successo” ex delegato all'attuazione del piano di rientro) ha detto no dieci mesi dopo. A tutt'oggi è impossibile ricostruire i bilanci di 6 anni. E il debito, neanche esattamente quantificato, continua a crescere paralizzando di fatto le attività.

Il bis mancato

Saltiamo a novembre 2020: il Consiglio dei ministri approva il nuovo decreto Calabria, dal quale scompare la possibilità del dissesto. Il nastro è riavvolto di almeno un anno. Non si può far altro che lavorare alla quantificazione esatta del debito monstre. E per la verità, la triade commissariale avrebbe anche “un piano B”: farsi affiancare da un advisor per mettere ordine tra fatture pagate due, tre, forse quattro volte, extrabudget, atti ingiuntivi e pignoramenti da far mettere le mani ai capelli. Ma la Regione, a fronte di una richiesta formale della triade commissariale, non avrebbe mai risposto, o almeno così dicono all'Asp di Reggio Calabria.

La task force smembrata

Qualche anno fa, una piccola task force creata da Scura - autonominatosi soggetto attuatore all'Asp di Reggio - ha provato a fare ordine tra le carte. «Ma tutto si è fermato - dice - quando mi hanno mandato via». In mezzo ci sono stati scandali, polemiche e soprattutto la morte non ancora chiarita di Consolato Campolo, sulla quale proprio in questi giorni si sono riaccesi i riflettori. I risultati dell'autopsia attesa da mesi dovrebbero essere resi noti a brevissimo. Intanto la famiglia avrebbe denunciato minacce in due occasioni. E la battuta - ma poi non tanto tale - di Scura è diventata storica: «L'Asp di Reggio è la migliore banca in circolazione. Garantisce il 9% di rendimento annuo sui crediti dei privati».

Sei anni di buio

A tutt'oggi l'Asp è senza i bilanci di 6 anni, quelli della “contabilità orale” in cui si è accumulato il debito miliardario. Ma non solo: secondo Santo Gioffrè, ex commissario straordinario dell'Asp da marzo a settembre 2015 intervistato da “Non è l'arena” su La7, «all'Asp si sono fregati dal 2005 al 2016 almeno un miliardo e mezzo». La questione è riemersa inevitabilmente nell'ultima riunione Tavolo Adduce, l'organismo nazionale che valuta Lea e conti della sanità. «Non risultano adottati i bilanci dell'Asp di Reggio dal 2013 al 2017» si legge nel verbale, che evidenzia le conseguenze dirette sui conti regionali e certifica anche «una grave carenza nella struttura amministrativa, ancorché siano state da tempo autorizzate assunzioni, che rende più complicato e lungo il procedimento» di ricostruzione contabile. Non a caso, dal tavolo tecnico romano vengono richiesti chiarimenti sulla «grave situazione relativa alla mancata gestione del turnover del personale». E la stessa strutturale commissariale regionale, nell'ultima riunione, ha evidenziato che «vi sono indagini dell'autorità giudiziaria in corso in alcune Asp e che i commissari straordinari non hanno finora potuto incidere efficacemente stante la carenza della struttura amministrativa delle Aziende».

Lo schiaffo della pandemia

Ci si è messo di mezzo, ora, il Covid maledetto. Che ha svegliato tutti ricordando come le Asp siano innanzitutto erogatori di servizi, mai tanto delicati come la salute delle persone. E allora, a certificare il fallimento su questo fronte è lo stesso Governo con il decreto Calabria bis, che nel caso delle Asp sciolte per mafia - Reggio e Catanzaro - prevede l'affiancamento alle commissioni straordinarie di un «soggetto di comprovata professionalità ed esperienza in materia di organizzazione sanitaria o di gestione aziendale, nominato dal ministro dell'Interno, d'intesa con il ministro della Salute». Perché - ma c'era bisogno di tanto tempo per capirlo? - «fermi restando i compiti e le prerogative alla commissione straordinaria assegnati dalla legislazione vigente» bisogna operare «per la garanzia dei Livelli essenziali di assistenza». Non solo, dunque, radere al suolo le condizioni che hanno determinato le certificate infiltrazioni mafiose sfociate nello scioglimento.

Terra di commissari e prefetti

Chiudiamo da dov'eravamo partiti, ancora con una riflessione di Scura: «Servono proprio i prefetti per correggere certe storture o serve personale competente per incidere sui centri nevralgici della Asp e su tutti coloro che ne hanno condizionato, in modo negativo, il funzionamento?». Ai posteri la sentenza, ma intanto il commissario Meloni - inseguito dal giornalista di “Non è l'arena” nel servizio andato in onda domenica sera - ha preferito non rispondere sulle sue competenze in materia specifica di sanità.

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