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La nuova rettrice della Sapienza: "Il Sud ha bisogno dei giovani, la Calabria deve svegliarsi"

Antonella Polimeni

Un pensiero anche alla Calabria e al Sud nel suo primo giorno da rettrice della più grande Università europea. Antonella Polimeni raccoglie attestati di stima unanimi. Molti vengono dalla terra d'origine di suo papà Mario. È la prima donna, nei 700 anni di storia della Sapienza, ad avere in tasca la chiave dell'ufficio del rettore. A volerla alla guida dell'Ateneo tutte le componenti: dagli studenti, ai colleghi, ai mondi che gravitano attorno alla Sapienza. Insieme ad auguri e complimenti le sono arrivate ieri anche le considerazioni di chi vorrebbe meglio valorizzate le eccellenze calabresi, soprattutto al capezzale di una sanità che politici, tecnici, manager, commissari hanno portato a un livello che preoccupava già prima dell'esplodere della pandemia.

«Non vivendo da tempo in Calabria - risponde al telefono da Roma la nuova rettrice della Sapienza - preferirei non entrare nel merito di scelte che riguardano la sanità della Regione Calabria».

Molti calabresi e meridionali preferiscono però curarsi o studiare lontano dalla loro terra. Perché in due ambiti che lei conosce bene, il Sud e la Calabria fanno fatica?

«In effetti molti giovani che nascono in Calabria si formano fuori e poi non trovano occasioni per rientrare. È così in tutti i settori e anche nella sanità. Occorrerebbe investire nel tessuto produttivo, nell'innovazione, nella formazione, nella ricerca per incentivare i giovani a non lasciare o a rientrare in una terra che merita tanto. L'offerta formativa oggi è adeguata, sia per quanto riguarda l'istruzione superiore che l'università. Resiste forse un retaggio storico che riporta a tempi nei quali non c'era una presenza universitaria come quella di oggi e i giovani erano costretti a studiare in altre regioni. Posso assicurare che l'offerta formativa degli atenei calabresi è di assoluto livello con punte anche di eccellenza assolute».

Che ricordi ha della Calabria?

«Sono momenti legati alla famiglia di mio padre Mario, che era originario di Gerace ma poi ha vissuto a Locri. Torno in Calabria nel periodo estivo, per qualche ponte festivo o per partecipare a dei seminari scientifici. Vivo a Roma dove sono nata e dove mio papà si era trasferito. Mia mamma è invece originaria della Romagna. Ricordo quando da bambina andavamo in estate nella terra di papà, il quale poi, per un periodo, aveva rinunciato a tornare. Ma è stata solo una parentesi perché ad un certo punto è riaffiorato quel legame strettissimo con la Calabria dove rientrava spesso assieme ai suoi fratelli, anche loro trapiantati da tempo nella Capitale».

Che impressioni ha della Calabria, guardandola adesso dal Rettorato della Sapienza?

«Una terra meravigliosa per la quale occorre fare di più. Tutte le volte che ritorno, i suoi colori, i suoi profumi, la sua ricchezza culturale mi suggeriscono che la Calabria ha bisogno d'altro. Sì, la Calabria si deve proprio svegliare».

Quando ha in programma di tornare la prossima volta?

«Spero che si possa presentare presto un'occasione. Ci sono degli amici con i quali ci continuiamo a sentire regolarmente e che mi piacerebbe rivedere».

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