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Crediti inesistenti e pagati due volte, assalto alla diligenza nella sanità calabrese: ecco il sistema

Asp di Reggio Calabria

I crediti inesistenti, i doppi pagamenti e... l’assalto alla diligenza. Le Aziende sanitarie calabresi  hanno sopportato l’azione costante di società finanziarie e gruppi imprenditoriali privati che sono riusciti spesso ad ottenere il pagamento doppio e triplo di fatture relative ai servizi resi alla sanità pubblica.

Il meccanismo, sottile ed efficace, è stato attuato attraverso l’esibizione, a distanza di tempo, del medesimo titolo o fattura, oppure richiedendo e ottenendo l’emissione di decreti ingiuntivi dall’autorità giudiziaria dopo aver prodotto magari  un documento attestante un credito già liquidato.

Santo Gioffrè, rimasto nel 2015 per cinque mesi alla guida dell’Asp reggina racconta: «Bloccai il pagamento di sei milioni di euro che era stato richiesto e ben “infiocchettato” con relativi pareri di conformità. Della esistenza del credito non v’era traccia nei documenti contabili. Era già stato pagato nel 2009 e lo riproposero nel 2015.  L’Asp reggina ha subìto queste rapine per tantissimo tempo, basti pensare che nel 2013 il bilancio venne bocciato perché era pieno di riferimenti fittizi e quando arrivai io non era ancora stato approvato. In quei mesi» continua ancora Gioffrè «capii che per non consentire di ricostruire la effettività dei crediti vantati venivano sottratte le carte. Non era possibile capire se la società finanziaria cui magari era stato ceduto il credito da un gruppo della sanità privata stesse chiedendo il pagamento di una somma già erogata magari anni prima agli stessi cedenti».

Niente carte e, quindi, nessun possibile controllo. Per dirla con il Johnny Stecchino di Roberto Benigni in questo “magna magna” tutti hanno chiuso gli occhi fingendo di non capire quanto stesse accadendo.

«Chiesi al ministero» conclude Santo Gioffrè «di mandarmi una compagnia di specialisti della guardia di finanza cui affidare il compito di ricostruire quello che era avvenuto negli ultimi dieci anni e richiesi all’esecutivo pure di imporre alla Banca d’Italia di fornire tutti i dati relativi alla tesoreria per potere così seguire passo passo cosa era accaduto». Nulla del genere è stato mai fatto.

Dallo Stretto alla Sila: l'Azienda sanitaria di Cosenza è la principale vittima dei doppi e tripli pagamenti eseguiti per le stesse prestazioni o forniture sanitarie. Lo schema è semplice quanto redditizio. I creditori, spesso cliniche o case di cura private, cedono i crediti a delle società finanziarie con sede in Lombardia. Società che, incredibile ma vero, pur con nomi diversi, hanno sede nel medesimo stabile e allo stesso numero civico di Milano. Le società  sottoscrivono un contratto con i cedenti e attivano immediatamente una «intimazione al pagamento» notificata all'Azienda sanitaria.

Nel documento di messa in mora indicano persino le coordinate (cioè l'Iban) su cui effettuare i versamenti richiesti. Le cifre richieste? Spaventose, perchè di volta in volta, se sommate, ammontano a milioni di euro. Il problema qual è: che i crediti vantati in più occasioni sono stati saldati sia all'originario creditore (cioè la struttura privata) e sia alla società che ha poi ottenuto la cessione del credito. Non solo: le richieste di corresponsione delle somme sono state in talune occasioni avanzate sulla base di fatture inesistenti, cioè mai registrate in contabilità dall'Asp.

Se non fosse maledettamente vero sembrerebbe una barzelletta.  Se in passato, tuttavia, le somme venivano corrisposte con estrema superficialità, da qualche tempo le cose stanno cambiando. Ecco, per esempio, la risposta che gli uffici dell'Asp bruzia danno nell'ottobre scorso ad una intimazione di pagamento avanzata ad agosto da una delle finanziarie milanesi (sempre stesso indirizzo e numero civico delle altre) che chiedeva un milione e ducentomila euro: «Nessuna delle fatture oggetto di intimazione di pagamento risulta essere presente negli archivi. E da una preliminare ricerca nessuna di queste fatture risulta essere inoltre registrata all'interno della contabilità aziendale».

Il meccanismo fraudolento, nel 2016,  è stato denunciato alla magistratura dall'ex commissario alla Sanità Massimo Scura e posto all'attenzione dell'opinione pubblica, con ripetuti interventi e interrogazioni negli ultimi anni dal consigliere regionale Carlo Guccione (Pd).

«È una truffa dalle proporzioni enormi» afferma Guccione «consumata sotto gli occhi di tutti e nell'indifferenza generale. Sono stati illegittimamente sottratti soldi alla sanità pubblica. Soldi che potevano e dovevano essere destinati a migliorare i servizi e a garantire migliori cure alla nostra gente».

E le indagini giudiziarie? Al momento dal punto di vista penale non vi sono processi in corso. «Io ho portato tutto in Procura» ha sempre confermato Scura.

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