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I ricoverati “spariti” nelle terapie intensive in Calabria: «Dati modificati»

Un miracolo italiano? No, una semplice modifica nell’anagrafe della tipologia dei pazienti ricoverati in terapia intensiva in Calabria. Un “ ritocco” che ha avuto un effetto “vasi comunicanti” sulla redistribuzione dei numeri del Coronavirus. Numeri che, con un colpo di mouse, hanno cambiato il senso della storia statistica della pandemia calabrese e cosentina. Una “correzione” algebrica che ha innescato inevitabili sospetti perché la nuova policy è stata sposata proprio nella notte di vigilia delle decisioni del Governo.

Coincidenze? Pino Pasqua, primario del reparto finito sotto i riflettori, ai microfoni di Rai 3 ha spiegato che nella notte in questione non ci fu trucco per far “sparire” i pazienti critici alleviando le pene della regione ma che semplicemente vennero classificati più correttamente in terapia intensiva solo i malati intubati mentre quelli con respiratore e casco furono spostati sotto la voce semintensiva.

La Calabria, in realtà, era entrata in zona rossa già il 18 giugno di quest’anno, quando il commissario Cotticelli e il subcommissario Crocco firmarono il decreto per il riordino della rete ospedaliera regionale in vista di una potenziale seconda ondata del virus. Un piano che prevedeva la realizzazione di 134 nuovi posti di terapia intensiva e di 123 di subintensiva. E, inoltre, erano stati pianificati anche interventi nei Dea con aree pretriage distinte nei Pronto soccorso, ambulatori per pazienti sospetti positivi e percorsi dedicati con accessi diretti delle ambulanze. Un piano mai realizzato, nonostante un’interrogazione di luglio al governatore del consigliere regionale Carlo Guccione. Gli ospedali sono rimasti quelli che erano e il ministro Speranza lo ha chiarito in conferenza stampa: «È rimasto tutto su carta, pur in presenza di 86 milioni di euro destinati alla Regione Calabria e non ai commissari».

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