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Sprechi e piani di rientro "lacrime e sangue", l'anno zero del sistema-salute calabrese

Ospedale di Reggio Calabria

Il sistema-salute in Calabria è diventato, in questi anni di sprechi, un pozzo senza fondo, alimentato costantemente da piccoli e grandi sperperi ai quali si è inutilmente tentato di porre rimedio con dannose sforbiciate. L’effetto domino dei piani di rientro lacrime e sangue, voluti dal governo centrale per sanare bilanci praticamente insanabili, ha generato lo smantellamento delle strutture periferiche, il taglio dei posti letto, la riduzione del personale sanitario.

Con un dato di spesa che è degenerato. L’idea del risparmio applicata al sistema salute, secondo i principi del business globalizzato, si è tradotto in una riduzione di cure e di attenzioni per i malati. E la carenza cronica di personale medico e paramedico non consente di mantenere a galla strutture efficienti. Un meccanismo perverso che genera sfiducia e rabbia. Difficile allora credere in una offerta sanitaria migliore in un contesto drammaticamente ancorato ai numeri. Numeri che non tornano, soprattutto, in quei reparti che rappresentano il fronte aperto dell’emergenza covid.

Una drammatica situazione che sta emergendo in queste ultime settimane nelle audizioni dei vertici delle Asp calabresi davanti alla Commissione regionale di vigilanza. Giovedì si chiuderanno le escussioni con i commissari dell’Azienda sanitaria di Catanzaro, Luisa Latella, Franca Tancredi e Salvatore Gullì; dell’Asp di Vibo, Giuseppe Giuliano e di quella di Crotone, Francesco Masciari. Il giro delle audizioni è cominciato con il direttore della gestione delle risorse economiche e finanziarie dell’Asp di Reggio che, su precisa richiesta della Commissione di vigilanza ha quantificato il dissesto attuale dell’Azienda che si aggira intorno ai 980 milioni di euro. Le cose non vanno meglio di certo a Cosenza, dove come più volte segnalato dal consigliere regionale del Pd (che è anche membro della Commissione), Carlo Guccione, l’Asp più grande della Calabria non è riuscita ad approvare i bilanci consuntivi del 2018 e del 2019.

Parlando davanti ai consiglieri regionali, il Commissario straordinario Cinzia Bettelini, e i funzionari Nicola Mastrota e Aurora De Ciancio, hanno quantificato l’indebitamento sui 547 milioni di euro. Una somma che sarà integrata da ulteriori 102 milioni di euro per pignoramenti presso il Tesoriere dell’Asp al 31 dicembre. E come se non bastasse, sulle malandate finanze dell’Azienda sanitaria cosentina pendono altri 366 milioni di euro di contenzioso accertato (la somma non comprende gli interessi di mora e le spese legali) e ben 460 cause il cui valore non è stato conteggiato perché risulta indeterminato o indeterminabile.

Numeri da capogiro che rischiano di svelare un debito complessivo delle Asp calabresi di 3,5 miliardi euro. Una montagna di soldi che certificano il fallimento dello Stato. Da oltre dieci anni il controllo del sistema-salute è stato sottratto alle Regioni nel tentativo di arginare una spesa senza limiti. Un piano di rientro che ha finito per dilatare il disavanzo impoverendo l’offerta e la qualità dei servizi. Senza contare il fallimento dell’impermeabilizzazione della Sanità agli appetiti della ‘ndrangheta con il controllo affidato a generali di provata esperienza. Sospetti di infiltrazioni maleodoranti ci sarebbero almeno su due Asp, quella di Reggio e quella di Catanzaro, entrambe sciolte e commissariate dal Ministero dell’Interno.

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