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Regione Calabria, dirigente si autovaluta “al top”: condannato

Controllore e controllato, si dice in questi casi: non sono Dottor Jekyll e Mr. Hyde, ma più semplicemente il “soggetto valutatore dei livelli di performance” e il “soggetto valutato”. La stessa persona, non due entità distinte e separate, come invece dovrebbe essere. Eppure accade anche questo alla Regione, dove tutto (e di più) diventa possibile: il caso, stavolta, viene risollevato dalla Corte dei Conti e fa seguito a un'inchiesta penale della Procura di Catanzaro. Il procedimento contabile, nei giorni scorsi, si è concluso con una condanna per danno erariale quantificato in 6mila 350 euro oltre rivalutazione monetaria su base annua secondo indici Istat. Non una cifra astronomica, ma una vicenda significativa di un andazzo non certo impeccabile.

Secondo l'accusa, il protagonista di questa storia - dirigente apicale della Regione Calabria, la cui identità resta segreta per gli omissis imposti nella sentenza dei magistrati contabili - avrebbe omesso di astenersi dal procedimento procurandosi così «l'attribuzione della massima indennità di risultato per gli anni 2011 e 2013». Nello specifico, si contesta che, «nella qualità di dirigente generale reggente», il condannato «ha provveduto ad (auto)valutare la propria (pregressa) performance di dirigente di settore per due distinte annualità (il 2011 e il 2013) attribuendosi un punteggio elevatissimo e dunque conseguendo la massima indennità di risultato».

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione Calabria

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