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Sfruttamento e pandemia, l'inferno dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro

La tendopoli di San Ferdinando

Sfruttamento lavorativo, difficoltà di accesso ai diritti fondamentali e ai servizi territoriali, inerzia delle istituzioni, precarietà delle condizioni giuridiche e di vita, illegalità diffusa, passività della politica, rappresentano ancora una volta i tratti distintivi della stagione di raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, resa ancor più critica dagli effetti della pandemia da Covid-19 sulla vita dei braccianti.

È quanto emerge dal rapporto “La Pandemia di Rosarno”, uno studio tra emergenza sanitaria e sfruttamento endemico effettuato da Medici per i Diritti Umani (Medu) che, per il settimo anno consecutivo, ha operato nella Piana di Gioia Tauro durante la stagione di raccolta agrumicola, fornendo prima assistenza sanitaria e orientamento sull’accesso ai diritti fondamentali ai lavoratori che popolano gli insediamenti precari siti di Rosarno, San Ferdinando, Drosi (frazione del Comune di Rizziconi) e Taurianova.

Lo sfruttamento lavorativo e le pratiche illecite ampiamente diffuse, a cui si aggiungono la carenza di controlli e l’assenza di efficaci misure di contrasto alle illegalità sul lavoro, hanno impedito anche quest’anno l’accesso dei braccianti a condizioni di vita dignitose. Inoltre, la crescente precarietà delle condizioni giuridiche in seguito all’entrata in vigore dei Decreti Sicurezza e gli effetti della pandemia da Coronavirus hanno avuto un impatto peggiorativo sulle condizioni di vita, di lavoro e sulla salute fisica e mentale dei lavoratori stranieri.

Dalla fine di novembre 2019 a maggio 2020 un team multidisciplinare ha raggiunto con una clinica mobile i circa 2.000 lavoratori distribuiti nei diversi insediamenti (ufficiali e informali) della Piana. Oltre all’assistenza medica e all’orientamento sanitario, Medu ha garantito un’attività sistematica di supporto socio-legale e un capillare intervento di informazione, prevenzione e sorveglianza attiva per il Covid-19 dal momento che gli insediamenti precari non sono stati raggiunti da nessuna iniziativa istituzionale di sistema per la prevenzione e il contenimento del virus.

Fino al mese di marzo del 2019, quasi 2.000 persone vivevano in un insediamento di baracche nell’area industriale del Comune di San Ferdinando. Il 6 marzo 2019 l’enorme baraccopoli è stata rimossa con un’imponente operazione di sgombero voluta dall’allora ministro degli Interni Matteo Salvini e sostituita da un’ennesima tendopoli con un numero di posti nettamente inferiore rispetto alle presenze effettive sul territorio e riservati esclusivamente alle persone in regola con il soggiorno. Nella stagione agrumicola 2019-2020, la nuova tendopoli ospitava appena 440 persone.

Lo sgombero ha pertanto costretto centinaia di braccianti a spostarsi in altri territori o a disperdersi in insediamenti ancor più precari. Mentre i resti della baraccopoli – tonnellate di rifiuti speciali – sono ancora in attesa di rimozione, centinaia di persone rimaste senza tetto sono state costrette a disperdersi nelle campagne, tornando ad affollare i casolari diroccati, in condizioni igienico-sanitarie allarmanti e in assenza di luce, acqua, riscaldamento, smaltimento rifiuti. La dispersione e l’isolamento hanno reso ancor più critiche le condizioni di vita dei braccianti.

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