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Caporalato ad Amantea, lavoratori costretti a turni di 26 ore e pagati 1,5 euro l'ora: 7 arresti

I bengalesi. Silenziosi, laboriosi e irregolari. La manodopera sfruttata nell'area tirrenica della Calabria settentrionale ha il colore della pelle olivastra e proviene da un altro continente e da una Paese - il Bangladesh - lontano migliaia di chilometri.

Uomini di età compresa tra i venti ed i 50 anni facevano gli "schiavi" caricando e scaricando cassette di frutta custodite in un deposito di Amantea e destinate si mercati locale. "Una situazione terribile quella di questa povera gente" ha commentato il procuratore di Paola, Pierpaolo Bruni che ha coordinato l'inchiesta insieme con il pm Mariagrazia Elia. I bengalesi, arrivati in Italia attraverso mille peripezie ed un viaggio interminabile, venivano gestiti da "caporali" che erano loro connazionali.

Turni di 26 ore pagati a 1,5 euro l'ora. Sarebbero state queste le condizioni di lavoro di alcuni lavoratori del Bangladesh impiegati in una azienda agricola di Amantea (in provincia di Cosenza).

I nomi degli indagati: Gennaro Suriano; Francesco Suriano, Rocco Suriano, Saverio Suriano, Roberto Suriano, Anouar Hossain Mizan, Das Kakon.

Il commissariato di polizia di Paola, diretto dal vicequestore Giuseppe Zanfini, ha messo fine allo sfruttamento dei lavoratori stranieri costretti a vivere anche in dieci in appartamenti di 70 metri quadrati, con bagni rotti e inefficienti, arrestando 5 imprenditori e altre due persone, posti ai domiciliari in esecuzione di un'ordinanza del gip su richiesta della Procura di Paola. Sequestrata anche un'azienda agricola di Amantea di cui i cinque imprenditori sono soci.

Nel blitz contro il caporalato è emerso come i lavoratori fossero costretti a mangiare a terra, a differenza degli italiani ai quali era consentito utilizzare un tavolo, e sottoposti condizioni disumane oltre che a minacce e insulti.

L'indagine è nata dalla denuncia di un lavoratore, stanco delle condizioni disumane alle quali era costretto. Gli indagati sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cittadini stranieri. I due stranieri svolgevano un ruolo di intermediazione, riscuotevano il denaro e rivestivano una posizione di privilegio all'interno dell'azienda.

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