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Appalti truccati a Reggio, accordo fra boss, imprenditori e dirigenti pubblici: 19 indagati

Concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, nonché intestazione fittizia - aggravati dal metodo mafioso - corruzione, reati ambientali e abuso d’ufficio. Sono questi i reati contestati a 19 indagati a Reggio Calabria che hanno ricevuto il provvedimento di “Avviso di conclusione delle indagini preliminari”.

Si tratta in particolare di Carmelo Giuseppe Cartisano, classe 1972, Girolamo Ottavio Cartisano (1957), Walter Davide Cartisano (1988), Francesca Cutrupi (1986), Antonio D'Agostino (1962), Vito Lo Cicero (1946), William Sergio Liborio Lo Cicero (1949), Domenico Alessandro Macrì (1965), Giovanni Mangiola (1970), Domenico Marcianò (1983), Domenico Musolino (1976), Antonio Napolitano (1961), Riccardo Napolitano (1962), Giovanni Pontari (1959), Antonio Russo (1983), Maria Scaramuzzino (1980), Fortunato Stellitano (1970), Giovanni Tripodi (1982) e Andrea Carmelo Vazzana (1969).

L’operazione di polizia - denominata “Rupes” - si fonda sulle risultanze delle indagini condotte dal Gico G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria, nei confronti di imprenditori “collusi” con esponenti delle cosche cittadine e pubblici ufficiali corrotti che, associandosi tra loro, hanno determinato favorevolmente – tra il 2009 e il 2013 - per imprese riconducibili a soggetti contigui alle famiglie “Condello”, “Libri”, “Tegano”, nonché “Paviglianiti” di San Lorenzo e “Iamonte” di Melito di Porto Salvo, gli esiti di diverse gare per lavori pubblici.

Il provvedimento di “Avviso di conclusione delle indagini preliminari” - a firma del sostituto procuratore Sara Amerio - è stato notificato dai militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria, coordinati dalla locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri.

Le risultanze investigative giunte alle conclusione, hanno confermato come, nel quartiere nord di Reggio Calabria, la cosca “Condello” svolgesse un ruolo egemone nel condizionamento dell’economia locale, assicurandosi il controllo del territorio “di competenza” e delle attività economiche e produttive che vi si svolgono, attraverso lo scambio di reciproci vantaggi con avviati imprenditori, l’utilizzo di qualificati “prestanomi” e la compiacenza di funzionari pubblici.

Coinvolti nelle indagini, e destinatari del 415 bis, sono gli imprenditori Vito Lo Cicero (classe 1946), amministratore dell’impresa “Impianti e Costruzioni s.r.l.”, indagato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, e Carmelo Giuseppe Cartisano (1972), ritenuto referente della cosca “Chirico”, federata alla cosca “Condello”, egemone sul territorio di Gallico Marina, attualmente detenuto e imputato per il reato di associazione di tipo mafioso nel procedimento “Gotha” .

Secondo l’ipotesi accusatoria Vito Lo Cicero, avrebbe stretto un accordo di biunivoco interesse con Carmelo Giuseppe Cartisano che, grazie alla forza del vincolo associativo ‘ndranghetistico con la cosca “Chirico”, assicurava la risoluzione delle problematiche di natura intimidatoria ed estorsiva quali - tra le altre - il danneggiamento di un escavatore e la “protezione” mafiosa rispetto al cantiere di Bova Marina, collocato in un diverso contesto territoriale di ‘ndrangheta. In cambio, Vito Lo Cicero riservava le forniture di materie prime, l’estrazione e i trasporti di materiali, nonché l’assunzione delle maestranze, ad imprese individuate direttamente da Carmelo Giuseppe Cartisano, in funzione della contiguità – per talune - a cosche ‘ndranghetistiche, quali la ditta individuale Pietro Morena, la M.C. s.a.s. di Domenico Marcianò & C., la “Decori e Colori di Vincenza Lucia Cinzia Chirico”, nonché Carmelo Natale Cartisano (cugino dello stesso Carmelo Giuseppe) e la Edil Calabra di Maria Scaramuzzino (per la cava di estrazione, di fatto riconducibile al coniuge Fortunato Stellitano e al socio Giovanni Mangiola, indagati per intestazione fittizia).

Tra le ipotesi di reato contestate anche alcune turbative d’asta aggravate dall’agevolazione della ‘ndrangheta, poste in essere da Vito Lo Cicero e da Francesca Cutrupi, amministratori delle rispettive imprese “Impianti e Costruzioni s.r.l.” e “FFC Costruzioni S.r.l.”; queste società, una volta aggiudicatesi le individuate commesse pubbliche, subappaltavano l’esecuzione dei lavori ad imprese ritenute contigue alle cosche cittadine dei “Condello”, “Libri” e “Tegano”, nonché dei “Paviglianiti” di San Lorenzo e “Iamonte” di Melito di Porto Salvo - prive dei requisiti per poter contrattare con la Pubblica Amministrazione - tra cui la “Trasporti e Movimento Terra di Antonio Russo”, la “Edil Movit di Andrea Carmelo Vazzana”, la “FRA.VE.SA. S.r.l.” (di Giovanni Tripodi), la “Ditta individuale Domenico Musolino” e la “M.C. s.a.s. di Domenico Marcianò & C.”.

Inoltre, contestata anche la corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio di diversi funzionari in posizioni pubbliche strategiche per l’attività svolta Vito Lo Cicero e Carmelo Giuseppe Cartisano. Oltre all’architetto Domenico Alessandro Macrì dell’Ufficio Urbanistica, altri pubblici ufficiali sono rimasti coinvolti nelle indagini e ritenuti a “disposizione” di Lo Cicero in cambio di utilità personali diverse dal denaro (esecuzioni di lavori e forniture di materiali edili per le abitazioni private) e, in particolare, il fratello William Sergio Liborio Lo Cicero, Riccardo Napolitano e Antonio Napolitano, tutti alle dipendenze del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Sicilia e della Calabria, nonché da Giovanni Pontari, capo struttura del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione Calabria.

Altro reato contestato è l’intestazione fittizia del noto bar pizzeria “Naos” a Gallico; in tale contesto, veniva accertato che Cartisano Carmelo Giuseppe, proprietario di fatto e Girolamo Ottavio Cartisano quale gestore del locale, avevano attribuito fittiziamente la titolarità dell'esercizio commerciale a Walter Davide Cartisano per eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

Infine, viene contestata l’illecita concorrenza con minaccia o violenza ad opera di Carmelo Giuseppe Cartisano che sarebbe intervenuto nell’interesse di Antonio D'Agostino per dissuadere un imprenditore dal far proseguire i lavori di ristrutturazione di un locale commerciale ad un'altra ditta, ingaggiata in sostituzione dell'impresa di D'Agostino, a seguito di inadempienze nei lavori.

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