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Affari di droga fra Napoli e la Calabria, il ruolo della 'ndrangheta nella guerra fratricida della camorra

Carmine Cerrato

Ciruzzo 'o milionario, la guerra fratricida con gli “scissionisti” e gli affari con la ‘ndrangheta. I napoletani hanno fatto soldi insieme con i boss calabresi, trafficando ingenti quantitativi di cocaina a Milano.

E i picciotti delle cosche del Reggino hanno approfittato della guerra scoppiata tra Paolo Di Lauro ed i suoi ex luogotenenti, tra i quali il tristemente noto Raffaele Amato, per concludere a prezzi vantaggiosi l’acquisto di ingenti quantitativi di polvere bianca proveniente da partite destinate alle piazze di spaccio del capoluogo campano.

È quanto ha raccontato ai magistrati inquirenti il pentito Carmine Cerrato, per un periodo a capo della frangia dissidente protagonista della cosiddetta faida di Scampia. «Gli Amato ed i Pagano» rivela il collaboratore di giustizia «quando erano ancora tutti affiliati al clan di Di Lauro rifornivano di cocaina una famiglia malavitosa calabrese che operava a Milano. I rapporti erano diventati tanto intensi che Cesare Pagano ha fatto da compare alla figlia di uno dei calabresi più in vista tanto che noi andammo in Calabria per partecipare alla festa che venne organizzata».

Cerrato ha svelato ai pm della Ddda di Napoli scenari che sembrano tratti dalle pagine salienti di “Gomorra”, con spostamenti  e affari conclusi nella paciosa Spagna e approvvigionamenti di droga attraverso  le rotte sudamericane.

«Quando eravamo a Malaga prima della faida» ricorda il pentito «i calabresi compravano  tutta la cocaina che Cesare Pagano aveva disponibile in Spagna. Una ultima quota se la dividevano Domenico Antonio Pagano, detto “zio Mimì”,  Carmine Pagano, detto “Angioletto” e Vincenzo Pagano. Io non so quanto guadagnassero i soci per certo posso dirvi che una volta mio cognato, Cesare Pagano,  disse che per ogni carico ogni quota era di 5 o 6 milioni di euro».

I calabresi pagavano in contanti e trasferivano lo stupefacente  a Milano, inondando il vasto mercato metropolitano con guadagni mensili altrettanto alti. Paolo Di Lauro era all’oscuro di tutto. Gli “scissionisti” stavano già tradendo il loro temuto capo che, scoperta la trama, scatenerà poi uno scontro sanguinario che costerà centinaia di vite.

La guerra è passata alla storia come la faida di Scampia. Cesare Pagano, cognato del pentito Cerrato, è a sua volta un affine di Raffaele Amato, inteso come “O spagnuolo”, con cui decise di impossessarsi, a discapito dei Di Lauro, del mercato di Secondigliano. Pagano verrà arrestato con il nipote, Carmine, in una villa di Pozzuoli nel 2010.

I rapporti tra camorristi e ‘ndranghetisti hanno radici antiche. Raffaele Cutolo, capo e fondatore della Nco, era in strettissimi legami con Paolo De Stefano tanto che su sua richiesta ordinò l’assassinio nella infermieria del carcere di Poggioreale del capobastone di Sambatello Mico Tripodo.

Il boss cosentino, Michele Bruni, era invece legato ai casalesi, in particolare alla famiglia di Francesco Schiavone detto “Sandokan”. Il rapporto era nato durante  i periodi di detenzione che Bruni aveva sopportato nei penitenziari campani.

L’amicizia con gli Schiavone l’aveva indotto a promuovere la commercializzazione delle mozzarelle di bufala nel Cosentino. Un progetto che non trovò tuttavia attuazione.

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