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"Seguire le regole e pregare", parla il medico guarito dal coronavirus a Cosenza

Pino Erricoq

In camice per passione. Pino Errico è il primo medico ospedaliero contagiato in Calabria dal covid-19. È un gastroenterologo in servizio nel nosocomio di Cetraro. Ha visitato una paziente affetta dal virus senza saperlo. Ed è cominciato un calvario conclusosi tuttavia con la sconfitta del “mostro”.

Il professionista sessantaduenne ha lottato ed è guarito. Non è stato facile, ma ce l’ha fatta. «Testimonio con la mia esperienza » racconta Errico alla Gazzetta del Sud «che si può guarire. Anzi, la maggior parte dei pazienti riesce a sconfiggere il virus. Non ce la fanno le persone che versano in condizioni precarie, che hanno un sistema immunitario compromesso. Certo» aggiunge il gastroenterologo «vi sono soggetti in cui il coronavirus si manifesta in maniera più forte rispetto ad altri e questo non si capisce bene perché. Posso però dire che ci sono persone più giovani di me che stanno guarendo sebbene colpite in modo più accentuato».

Pino Errico è uno dei cosiddetti “feriti sul campo”: ma quando ha capito cosa gli stava accadendo?
«Il 10 marzo ho avuto il primo malessere, i sintomi erano quelli dell’influenza. Mi sono subito messo in malattia e in autoisolamento a casa: sono un medico e ho preso precauzioni. Il 12 marzo, d’accordo con il medico di base, ho sollecitato l’esecuzione di un tampone. L’ho richiesto per tre volte, ma mi è stato risposto che il protocollo non lo prevedeva. Lo dico senza alcun intento polemico ma esclusivamente come dato storico.  Sono rimasto sette giorni a casa e, devo dire, mi sono sentito meglio. Siccome in ospedale siamo pochi e la mia assenza poteva danneggiare i colleghi rimasti in servizio ho pensato di rientrare». 

E qui viene il bello: perchè il gastroenterologo mostrando buon senso  e grande scrupolo decide a questo punto e di sua iniziativa, prima di riprendere servizio, di sottoporsi a una tac polmonare: siccome non avevano inteso praticargli il tampone, l’unico modo per tornare in reparto senza mettere in pericolo pazienti e colleghi era procedere almeno a quell’esame.

«La tac» racconta «ha rivelato subito che avevo una polmonite interstiziale. Mi hanno messo in tenda ed è lì che ho festeggiato il compimento del mio sessantaduesimo compleanno. Il tampone ha dato esito positivo e sono stato poi trasferito nel reparto di Malattie infettive di Cosenza.  Sono stato sottoposto a terapia antivirale e oggi sono qui».

La dinamica impone una riflessione a voce alta che diventa pure una domanda per questo medico: se Errico non fosse stato scrupoloso e attento cosa sarebbe accaduto? Ecco la risposta garbata del gastroenterologo: «Se non fossi stato un medico e non avessi deciso di autoisolarmi e, una volta ripreso vigore fisico fossi tornato al lavoro una settimana dopo aver avuto la febbre, avrei infettato prima tutta la mia famiglia e, poi, l’intero ospedale».

Considerazione logico-deduttiva: in certi casi, forse, occorre correggere il tiro e seguire, oltre alle “linee guida”, il buonsenso. Se al medico di Cetraro fosse stato fatto subito il tampone – adesso il presidente Jole Santelli l’ha reso obbligatorio per tutto il personale sanitario – il covid-19 sarebbe stato neutralizzato subito. E senza rischi.

Pino Errico ci saluta facendo una raccomandazione: «Contro il coronavirus noi cittadini abbiamo solo due armi: rispettare le norme di isolamento previste dal ministero della Salute e... pregare». Come dargli torto?

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