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«Mio figlio sbirro? Piuttosto l'ammazzo»: la "legge" di uno degli arrestati a Sant'Eufemia

Destini segnati, strade già scelte. Quelle sbagliate, imposte dai padri o percorse perché non ci sono alternative. Nelle pieghe dell'operazione “Eyphèmos” c'è anche spazio per un ragionamento che fa rabbrividire: «Mio figlio delinquente deve uscire... non deve crescere sbirro». Ne è convinto Giuseppe Speranza, tanto da litigare con l'anziana nonna della moglie che aveva appena espresso ammirazione per i Carabinieri, «avendo fra l'altro - appuntano gli inquirenti che intercettano la conversazione - dei nipoti arruolati».

Per il figlio, dunque, Speranza - fedele sodale del presunto capobastone Domenico Laurendi - aveva già programmato una vita da delinquente. E lo conferma chiaramente a Laurendi durante una cena, il 9 agosto 2018: «Ma questa vecchia, mi ha detto che a lei i Carabinieri gli piacciono... Oh, sull'anima... stavamo mangiando, mi è preso un nervoso... gli ho detto io: “Messi in una camera a gas tutti gli sbirri!”, gli ho detto io. E... e non - gli ho detto io - imparate una cosa del genere a mio figlio... che mio figlio - gli ho detto io - delinquente deve uscire e non... che deve crescere sbirro! Se deve crescere... delinquente! Delinquente, gli ho detto io... che sbirro non lo voglio sicuro! Che lo ammazzo. Alla fine ci siamo litigati...».

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud in edicola, edizione della Calabria

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