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Droga nell'Esaro, il patto con il "compare" della Piana di Gioia Tauro 

L'arresto di Antonio Presta

La “roba” arrivava dalla Piana di Gioia Tauro. Il “compare” che la portava è di Tresilico, una frazione di Oppido Mamertina. Non siamo in un posto qualsiasi: siamo in uno dei “santuari” della ’ndrangheta dove le “lupare” hanno regolato per decenni i conti tra le famiglie; dove i latitanti sui sposavano beffando le forze dell’ordine; dove i nobili ed i latifondisti venivano espropriati privatamente dei loro beni. Castellace, Quarantana, la Ferrandina, Piminoro sono località che ai cronisti di nera ricordano decine di vicende: agguati, faide, sequestri di persona. 

E Antonio Giannetta, 54 anni, vive e viene da quell’area della provincia di Reggio Calabria. Una zona nella quale chi sbaglia paga, in cui vige tra gli ‘ndranghetisti il principio che il “perdono dei forti” sia solo “la vendetta”. Perciò, quando decide di vendere la cocaina nella Valle dell’Esaro, Giannetta vuol essere certo di avere a che fare con le persone giuste, con uomini  “affidabili”.

Così, quando i poliziotti filmano uno degli incontri tra l’oppidese ed i roggianesi registrano una frase chiave, che vale come una reciproca rassicurazione, come un biglietto da visita: «Noi non abbiamo problemi e neanche voi con noi. Cioè prima vi sbrigate voi e prima mi sbrigo io».

Il cinquantaquattrenne troverà in Tonino e Roberto Presta, 59 e 43 anni, gli interlocutori giusti. Uno degli appuntamenti tra il reggino ed i cosentini avviene in località “Caselle” di Tarsia, Roberto Presta e Mario Sollazzo – quest’ultimo personaggio di rilievo del gruppo – verranno successivamente arrestati dai carabinieri.

Il procuratore distrettuale Nicola Gratteri, ascoltando la conversazione capisce subito quale è il contesto entro cui si snoda il traffico di stupefacenti tra Roggiano Gravina, Tarsia, San Lorenzo del Vallo, San Marco Argentano e Spezzano Albanese. Quello è stato il “regno” di Franco Presta, un ergastolano costetto da otto anni al 41 bis e mai tentato dalle sirene del pentitismo. E Tonino e Roberto sono i suoi cugini.

L’ex “contabile” della cosca Bruni di Cosenza, Luciano Impieri, ha raccontato al pm antimafia Alessandro Riello che «Tonino insieme a Mario Gatto (ergastolano, ndr) decidevano l’assegnazione dei posti nel carcere di Cosenza». I poliziotti della Mobile, diretti da Fabio Catalano, indicano pure ai magistrati inquirenti che Francesco Ciliberti, 36 anni, è il genero di Franco Presta e che Costantino Scorza, 66 anni, è uno dei suoi amici più fidati. Entrambi si occupano, a parere degli investigatori,  della piazza di spaccio di San Lorenzo del Vallo.

Gli uomini del Servizio centrale operativo e della Mobile, sia di Cosenza che di Catanzaro, hanno seguito per mesi e mesi i principali protagonisti delle smercio, disinnescando gli accorgimenti messi in atto dagli indagati per non essere controllati. Lo sforzo della Polizia (tre i funzionari impegnati sul campo il vicequestore Catalano, il commissario capo Massaro e il commissario Gentile) è stato costante e produttivo.

La presenza a Catanzaro del primo dirigente Alfonso Iadevaia ha garantito quella sinergia operativa tra reparti tanto predicata sia da Gratteri che dall’aggiunto Vincenzo Capomolla. «La lotta al crimine in  Calabria è prioritaria» ha d’altronde detto il capo del Dac, Francesco Messina, commentando i risultati dell’operazione.

E quanto fosse  importante e “autonoma” la frangia di trafficanti operante nella Valle dell’Esaro lo testimonia l’atteggiamento di supporto e considerazione mantenuto dalle altre cosche della provincia. Nessuno ha osato mai mettere il naso in quelle zone. E se è sorto qualche “problema” tutti hanno preferito discutere piuttosto che prendere le armi.

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