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Droga e affari, 'ndrangheta "emergenza planetaria": l'allarme dell'Interpol

Una emergenza planetaria. Durante l'assemblea generale dell'Interpol, tenuta nei giorni scorsi a Santiago del Cile, i rappresentanti delle polizie di tutto il mondo non hanno faticato a condividere l'idea che la 'ndrangheta sia oggi una delle mafie più potenti, influenti e invasive del pianeta. A confermarlo è stato il prefetto Vittorio Rizzi, direttore centrale della Polizia criminale, che ha dichiarato: "La 'ndrangheta è l'organizzazione criminale più estesa, ramificata e potente al mondo; presente in trenta Paesi di tutti i continenti, principale broker del mercato mondiale degli stupefacenti". Rizzi, che ha guidato la delegazione italiana in Sudamerica ha aggiunto: "Essa penetra e inquina il tessuto imprenditoriale e sociale delle realtà che aggredisce grazie all'investimento di flussi enormi di denaro provenienti dalle attività criminali".

Il vicedirettore generale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha quindi spiegato ai “colleghi” delle altre nazioni che "serve un approccio globale per contrastare una minaccia mondiale e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano vuole farsi capofila finanziando un progetto mirato con Interpol". L'idea è di creare banche dati interconnesse tra i vari Stati e attivare sistemi di business intelligence internazionali con l'obiettivo di intercettare tutti gli affari compiuti dalle cosche calabresi. L'allarme 'ndrangheta, qualche giorno fa, è stato lanciato davanti alla Commissione parlamentare antimafia del nostro Paese anche dal ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, che ha definito la mafia calabra una «organizzazione che ha il primato mondiale del narcotraffico e la capacità di condizionare pesantemente appalti pubblici e ambienti politici, sia nei territori di origine si in quei luoghi dove si è infiltrata in Italia e all'estero".

Non è un caso, infatti, che tra i 949 comuni sciolti per mafia nel nostro Paese dal 1991 ad oggi ben 155 sono calabresi. Non solo: le infiltrazioni di boss e picciotti negli enti pubblici territoriali hanno provocato lo scioglimento di assemblee municipali pure in Emilia Romagna (Brescello), in Piemonte (Leinì, Rivarolo Canavese e Bardonecchia), in Liguria (Lavagna) e in Lombardia (Sedriano). Nella commercializzazione della cocaina, negli ultimi trent'anni, la 'ndrangheta ha flirtato con i cartelli colombiani di Cali e Medellin, le Autodefendas Unidas de Colombia, il clan degli Usuga, il gruppo del Norte del Valle e de “La Officina”; con i brasiliani del Primeiro Comando da Capital e con i messicani del cartello del Golfo, del Sinaloa e con i Los Zetas.

Lo stesso Joachim Guzman Loera, detto “el Chapo” capo di Sinaloa riteneva i calabresi «precisi e affidabili». Quasi venti anni fa i narcos del vibonese e della locride erano in contatto con i trafficanti del Sinaloa. Basti pensare che nel 2000 una delegazione nostrana si recò a Guadalajara per incontrare in una azienda agricola - una “finca” - un boss del cartello, probabilmente Ismael “el Mayo” Zambada, alter ego del “Chapo”, per trattare l'acquisto di duemila chili di cocaina da spedire a largo delle coste calabresi con una nave fatta partire da un porto messicano. Per favorire l'affare un calabrese venne lasciato come ostaggio in garanzia del pagamento della partita.

I calabresi saliti agli onori della cronaca per i rapporti intessuti con i narcotrafficanti sudamericani negli ultimi decenni sono in gran parte detenuti. L'ultimo ad essere arrestato, in Brasile, è stato Nicola Assisi, originario di Grimaldi (Cosenza) ma residente in Piemonte. Come lui trafficavano stupefacente ad altissimi livelli, Pasqualino Marando, di Platì, ucciso nell'ambito di una faida familiare nel 2002; Roberto “Bebè” Pannunzi, di Siderno, ammanettato in Colombia nel 2013; Domenico Trimboli, originario di Canolo, arrestato a Medellin nel 2013 e oggi collaboratore di giustizia; Natale Scali, di Marina di Gioiosa, coinvolto nel 2002 nell'operazione “Decollo”; Vincenzo Barbieri, assassinato a San Calogero (Vibo) nel 2012 .

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