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Preti accusati di estorsione nel Vibonese, Gratteri alla Diocesi: nessuna alterazione delle prove

Don Nicola De Luca e Don Graziano Maccarone

Con una nota ufficiale, il procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri interviene sulla vicenda dei due sacerdoti calabresi rinviati a giudizio due giorni fa per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, contestando che si tratti di accuse «senza riscontri nella realtà», come sostenuto lo stesso giorno da un comunicato della Diocesi di Mileto.

«I plurimi accertamenti compendiati nel fascicolo delle indagini preliminari - sottolinea Gratteri - recano oltre alle iniziali registrazioni versate in atti dalla vittima della vicenda estorsiva, le acquisizioni dei tabulati telefonici, gli esiti delle attività tecniche di intercettazione, nonchè le dichiarazioni delle persone informate sui fatti».

Dalle intercettazioni, fa presente Gratteri, emerge che don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo di Mileto, «si era attivato per recuperare» una somma di denaro data in prestito a un conoscente, Roberto Mazzocca, «percorrendo quella che lo stesso prelato definisce la cosiddetta 'strada parallela'».

In particolare, rivolgeva a Mazzocca «delle minacce esplicite, comunicate tramite don Nicola De Luca (il quale avrebbe dovuto fargli sapere che 'se dovesse partire la macchina non si fermerà più', avvisandolo di 'stare attento, che avrebbe fatto una brutta fine') e in ultimo», dopo aver preso contatti con soggetti di Nicotera Marina, tra cui il cugino Tomeo Antonio Giuseppe, vicino a Mancuso Pantaleone, riferiva all’amico sacerdote di «mettersi da parte».

Maccarone poi informava De Luca - nelle date del 18 marzo e del 26 marzo 2013 - «che sarebbero intervenuti direttamente 'i suoi cugini' e avrebbe recuperato il denaro 'per vie traverse', specificando altresì che si era 'mosso con i suoi canali', che 'aveva informato la cerchia che lui sapeva' e che fosse stato per la sua volontà, li avrebbe mandati quella notte stessa a picchiare il Mazzocca».

Ma, prosegue la nota di Gratteri, le persone alle quali si era rivolto «gli avevano detto 'non è il momento perché ora il fuoco è troppo alto e ci bruciamo tutti, perché se agiamo questo fa una piccola cosa e a voi rimane la macchia, non è che non vi rimane!!! Quindi non è ora, cercate un compromesso per temporeggiare e poi interveniamo'».

«Tale ricostruzione specifica dell’evoluzione dell’indagine è resa pubblica - conclude Gratteri - al fine di dare massima trasparenza all’azione della procura della Repubblica e della Squadra Mobile di Vibo Valentia, che hanno operato senza 'artatamente alterare e artificiosamente interpretare' le risultanze oggettive confluite nel fascicolo delle indagini», come invece sostenuto dalla Diocesi calabrese.

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