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Il Bruzio di Cosenza, da sussidio per i poveri a moneta collezionata dai ricchi

La moneta Bruzio

In principio era welfare distributivo, poi s'è fatto collezionismo. Sono passati quattro mesi da quando il Comune guidato da Mario Occhiuto ha corrisposto il Bruzio a 1.211 famiglie (4 bruzi a famiglia per un valore complessivo di 80 euro), residenti in città e dal reddito inferiore a mille euro.

Una moneta di pregio, col logo del Comune e l'effigie di Federico II di Svevia, assegnata a sostegno dei nuclei meno abbienti. Il Bruzio, in sostituzione ai classici sussidi economici, è stato erogato, a partire dai mesi di dicembre e gennaio, a 1211 beneficiari

Ad oggi, però, la moneta d'argento, equivalente a una banconota da venti euro, non è affatto lì dove avrebbe dovuto stare. Nei registratori di cassa dei 24 esercizi commerciali (9 supermercati, 5 farmacie, 1 pasticceria, 8 negozi d'abbigliamento, 1 centro diagnostico) aderenti all'iniziativa non ci sarebbe, infatti, neanche l'ombra del mezzo di pagamento finalizzato, in sostituzione ai buoni spesa, ad aiutare i meno abbienti e anche ad aumentare la massa comunale monetaria.

Che fine ha fatto, allora, il Bruzio? Se tante tra le imprese convenzionate affermano di non averlo percepito, com'è stato realmente usato? Giuseppe Parise, titolare del negozio di collezionismo di via Alimena, aiuta a dare una risposta.

«Decine di persone - racconta l'esperto - sono venute qui per vendere il Bruzio. In questo mercato il suo valore si aggira intorno agli 80 euro e, se si tratta di grossi commercianti, può arrivare anche sui 200 euro». Ricapitolando, un beneficiario ha percepito dalle casse comunali al massimo 4 bruzi per un valore complessivo di 80 euro ma, se ha deciso di venderli e non impiegarli nell'acquisto di beni di prima necessità, ha conseguito un guadagno molto più alto. Che numerose famiglie abbiano optato per la scelta più redditizia lo dimostrerebbero persino i gruppi Facebook “locali” dove il Bruzio è persino oggetto di contrattazione.

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